Personale

Nessun danno da disservizio per le risorse utilizzate nel procedimento disciplinare

di Giuseppe Nucci

In un episodio di concussione, non è stato compreso, nelle poste di danno erariale, il danno da disservizio in relazione ai costi delle risorse umane e strumentali utilizzate nel procedimento disciplinare - a seguito del quale il dipendente infedele era stato licenziato - trattandosi «di attività fisiologicamente rientrante nelle funzioni istituzionali dell’Amministrazione». È questo il principio affermato dalla sentenza n. 14/2018 della Corte dei Conti, sezione per il Piemonte.

La condanna per concussione
Il Comandante della Polizia Municipale di un’Unione di Comuni e, contestualmente, Sindaco di un Comune veniva condannato con il rito del patteggiamento alla pena di 3 anni di reclusione per la commissione di condotte concussive a danno del titolare di un locale notturno, per aver evitato controlli amministrativi in cambio di una somma di denaro.
Alla luce di ciò l’organo requirente citava in giudizio il funzionario per le spese legate al procedimento disciplinare conclusosi con il suo licenziamento senza preavviso, per danni patrimoniali riferiti ad ammanchi di cassa e a spese telefoniche personali nonché per danno da tangente e danno di immagine.

La sentenza
Il Collegio accoglieva solo in parte la domanda attorea sottolineando come dalla sentenza di patteggiamento fosse emersa la violazione dolosa dei propri doveri di servizio da parte del convenuto.
Passando all’esame delle poste dannose il Giudice riteneva innanzitutto fondata l’imputazione del danno da condotte appropriative riferite all’ammanco di cassa e alle spese telefoniche personali.
Veniva anche riconosciuto il cd “danno da tangente” - secondo la consolidata e condivisibile giurisprudenza contabile che sussume in tale alveo il pregiudizio riconducibile alla dazione illecita, valorizzando la presunzione per cui, di regola, le somme indebitamente percepite dall’agente pubblico abbiano, quale naturale contropartita, favoritismi e irregolarità che incidono negativamente sul patrimonio erariale.
Con riferimento alla domanda risarcitoria a titolo di danno all’immagine – trattandosi di fatti antecedenti le novità introdotte dal codice di giustizia contabile (Dlgs n.174/2016) e l’attuale assetto normativo che consente la proponibilità dell’azione in caso di sentenza irrevocabile pronunciata nei confronti dei soggetti in rapporto di servizio con le pubbliche amministrazioni ove venga accertato qualsivoglia reato commesso a danno delle stesse – la sussistenza e l’entità del pregiudizio venivano valutate in via equitativa attraverso i criteri enunciati dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti nella pronuncia n. 10/2003/QM, vale a dire:
- quelli di natura oggettiva, inerenti alla natura del fatto, alle modalità di perpetrazione dell’evento pregiudizievole, alla sua eventuale reiterazione, all’entità dell’eventuale arricchimento;
-  quelli di natura soggettiva, legati al ruolo rivestito dal responsabile nell’ambito della Pa;
- quelli di natura sociale, legati alla negativa impressione suscitata nell’opinione pubblica ed anche all’interno della stessa Amministrazione, al clamor fori e alla diffusione ed amplificazione del fatto operata dai mass-media, indicativi della dimensione della lesione inferta al bene tutelato, cd criterio sociale.
Al contrario non veniva riconosciuto il danno in relazione ai costi sostenuti dalla Pa di appartenenza per il procedimento disciplinare, trattandosi di attività fisiologicamente rientrante nelle funzioni istituzionali dell’Amministrazione locale per le quali gli addetti sono ordinariamente retribuiti e, in ogni caso, per l’assenza di prove che tale personale sia stato distolto dai propri compiti istituzionali per trattare il procedimento disciplinare.

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