Personale

L’infermiera senza abilitazione non ha diritto allo stipendio maggiorato

di Andrea Alberto Moramarco

Il diritto alla maggiore retribuzione per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori non spetta al personale che abbia esercitato l'attività di infermiere professionale senza averne il titolo abilitante. La mancanza del titolo, infatti, configura una situazione di illiceità che impedisce il riconoscimento del diritto alla retribuzione superiore. Questo è quanto si desume dall'ordinanza n. 8784/2018 della Sezione lavoro della Cassazione, depositata ieri.

I fatti
All'origine della controversia c'è la vicenda di quattro donne, dipendenti di un ospedale abruzzese e inquadrate con la qualifica di infermiere generico, le quali, dopo aver per anni svolto di fatto le mansioni di infermiere professionale in ragione della carenza di organico, chiedevano al giudice del lavoro il riconoscimento del loro diritto alla corresponsione della maggiore retribuzione. L'Asl, dal canto suo, non contestava l'effettivo svolgimento delle mansioni superiori da parte delle infermiere, ma sottolineava il fatto che ciò si era verificato in assenza di un atto formale di conferimento da parte dell'amministrazione sanitaria, circostanza che impediva il pagamento della retribuzione superiore.

La decisione
Dopo il parere contrastante dei giudici di merito, la questione arriva all'attenzione della Cassazione che dà ragione alla Asl e fa luce sul riconoscimento del diritto alla retribuzione superiore nel pubblico impiego contrattualizzato, con particolare riferimento al settore infermieristico. I giudici di legittimità ricordano che il diritto a percepire la retribuzione commisurata alle mansioni effettivamente svolte «non è condizionato all'esistenza, né alla legittimità di un provvedimento del superiore gerarchico». Tuttavia, sussiste un possibile condizionamento al riconoscimento della retribuzione qualora «si riscontri una situazione di illiceità per contrasto con norme fondamentali e generali o con principi basilari pubblicistici dell'ordinamento». E nella fattispecie, precisa la Corte, la situazione di illiceità si è verificata, in quanto non sono state valutate «le conseguenze del mancato possesso del titolo abilitativo in capo agli infermieri svolgenti mansioni superiori».
In altri termini, in considerazione della particolare rilevanza pubblicistica delle professioni sanitarie, dovuta anche alla importanza e valenza costituzionale degli interessi coinvolti, non è possibile omettere di considerare il fatto che le infermiere non possedevano il titolo abilitativo specifico. Il mancato possesso del titolo e la relativa iscrizione all'albo, infatti, «producono la totale illiceità dello svolgimento di fatto di mansioni superiori e rendono inesigibile il diritto alla corrispondente maggiore retribuzione ai sensi dell'articolo 2126 c.c.».

L’ordinanza della Corte di cassazione n. 8784/2018

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