Personale

«Trattenimento in servizio» abolito anche per docenti e ricercatori universitari

di Gianni La Banca

L’abolizione del trattenimento in servizio vuol promuovere il ricambio generazionale nel lavoro pubblico e favorire risparmi di spesa con l'abbattimento del monte stipendiale derivante dalla sostituzione di lavoratori più anziani, aventi livelli retributivi più elevati, con personale di nuova assunzione e quindi meno costoso. Così ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2697/2018.

Il fatto
Un professore ordinario ha chiesto alla propria Università d’esser trattenuto in servizio, evidenziando esigenze di continuità didattica.
L’Ateneo, con apposito decreto, ha respinto tale istanza, poiché il trattenimento in servizio sarebbe subordinato alla disponibilità di risorse assunzionali, l’assegnazione delle quali non erano ancora state comunicate dal Miur.

Il divieto di trattenimento in servizio
Il divieto di trattenimento in servizio si fonda sull’assenza delle risorse assunzionali che il Miur assegna ai singoli Atenei ( Dl 90/2014 ).
Tale normativa è passata al vaglio della Corte Costituzionale, secondo cui non son fondate le questioni di legittimità dell'articolo 1, commi 1, 2 e 3 del DL 90/2014, nelle parti in cui abolisce l'istituto del trattenimento in servizio anche per i docenti e i ricercatori universitari: la disposizione, che aveva previsto tal trattenimento oltre l'età pensionabile, comportava il carico del trattamento di servizio attivo e degli oneri riflessi, in genere complessivamente maggiori rispetto a quelli connessi a nuove assunzioni.

Il quadro di riferimento
L’eliminazione dell'istituto del trattenimento in servizio anche per docenti e ricercatori universitari s’inserisce nell’ambito delle misure volte a favorire la più razionale utilizzazione dei dipendenti pubblici e il ricambio generazionale nel settore.
In tale ottica, non si può parlare di disparità di trattamento con altre categorie, come i magistrati: la disciplina transitoria per questi ultimi è stata dettata in vista della necessità di ovviare alle conseguenti possibili criticità per il buon funzionamento degli uffici giudiziari, derivanti dall'improvvisa cessazione dal servizio d’un numero rilevante di giudici.
Né tantomeno può rilevare una precedente disciplina che sanzionava la disparità di trattamento tra universitari e altri dipendenti pubblici e la compressione, in danno agli Atenei, di ogni margine d’autonomo apprezzamento delle esigenze organizzative e funzionali.

Il carattere generale della nuova disciplina
Con il Dl del 2014, infatti, si introduce una disciplina di carattere generale, che non discrimina tra Amministrazioni pubbliche, ma elimina del tutto i margini di operatività del trattenimento in servizio e non comprime l’autonomia delle Università, che possono invece liberare risorse per reperire nuovi docenti.
Anzi, poiché le Amministrazioni devono garantire buon andamento ed imparzialità con il minimo dispendio di risorse, nonché l'obbligo di rispettare l'equilibrio di bilancio, la valutazione d’un criterio, qual è quello di economicità, non può essere costretta in una dimensione temporale limitata, ma deve svolgersi in riferimento ad un arco temporale sufficientemente ampio.
In tal modo, si consente la realizzazione degli obiettivi in una situazione di debito sostenibile e di tendenziale “armonia” fra entrate e spesa.
L'abolizione del trattenimento in servizio ha proprio la finalità di promuovere il ricambio generazionale nel lavoro pubblico e favorire risparmi di spesa con l'abbattimento del monte stipendiale derivante dalla sostituzione di lavoratori più anziani, cui normalmente spettano livelli retributivi più elevati, con personale di nuova assunzione e quindi meno costoso.
Ciò, proprio in attuazione dei principi di buon andamento e efficienza della Pa, essendosi da tempo rilevato che il prolungarsi del servizio oltre i limiti d’età non è sempre sicuro indice di accrescimento dell'efficienza organizzativa

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