Personale

No al licenziamento per scarso rendimento a seguito di ripetute malattie

di Domenico Carola

È illegittimo il licenziamento dell’autista del servizio di trasposto locale per scarso rendimento a seguito di ripetute malattie. È quanto deciso dai giudici della Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10963/2018, che hanno confermato che lo scarso rendimento, diversamente dalle assenze per malattia, è caratterizzato da colpa del lavoratore.

Il fatto
Una società di trasporto pubblico aveva intimato l'esonero dal servizio a un lavoratore per scarso rendimento in relazione a una serie di assenze giustificate da certificati di malattia ma che, per il loro numero e collocazione temporale, l'azienda assumeva idonee a determinare la completa inadeguatezza della prestazione del dipendente sul piano delle esigenze organizzative e produttive aziendali. Il lavoratore si è opposto e la pronuncia di primo grado ha ritenuto illegittimo l'esonero , decisione che veniva condivisa dai giudici della Corte territoriale che ritenevano che la disposizione richiamata configuri una ipotesi soggettiva di giustificato motivo di recesso quale inadempimento del lavoratore che non può discendere da malattie giustificate.
La società ha proposto ricorso in quanto in violazione e falsa applicazione dell'articolo 27, lettera d) allegato A al Rd n. 148 del 1931, sostenendo che la fattispecie di scarso rendimento delineata dalla norma abbia natura oggettiva, rilevante in ragione dell'impossibilità per la società di fruire della prestazione del conducente di linea a causa delle reiterate e improvvise assenze non conciliabili con un corretto funzionamento del servizio pubblico.

La decisione
Gli Ermellini hanno rigettato il ricorso in considerazione del fatto che il licenziamento per scarso rendimento costituisce un'ipotesi di recesso del datore per notevole inadeguatezza qualitativa e quantitativa degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro e può consistere in una inadeguatezza qualitativa o quantitativa della prestazione ma a tali fini deve tenersi conto delle sole diminuzioni di rendimento determinate da imperizia, incapacità e negligenza e non anche di quelle determinate dalle assenze per malattia e permessi.
Qualora il recesso del lavoratore sia intimato per scarso rendimento essenzialmente dovuto a un elevato numero di assenze, ma non tali da esaurire il periodo di comporto, il licenziamento è da ritenersi ingiustificato anche perché nel contratto di lavoro subordinato il lavoratore non si obbliga al raggiungimento di un risultato ma alla messa a disposizione del datore delle proprie energie, nei modi e nei tempi stabiliti, per cui il mancato raggiungimento del risultato prefissato non costituisce di per sé inadempimento.
La conclusione della Corte non può essere inficiata dall'insistito richiamo della società ricorrente a precedente pronuncia di questa Corte, non solo perché resa al di fuori della disciplina speciale degli autoferrotranvieri, ma considerando che successivamente a essa ha reiteratamente ribadito il licenziamento per cosiddetto «scarso rendimento», costituisce un'ipotesi di recesso del datore per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore, che, a sua volta, si pone come specie della risoluzione per inadempimento.

L’ordinanza della Corte di cassazione n. 10963/2018

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