Personale

Performance e piano dei fabbisogni di personale, una relazione strumentale

di Luca Tamassia e Angelo Maria Savazzi

L’articolo 6, comma 2, del Dlgs n. 165/2001, così come modificato dal Dlgs n. 75/2017, introduce alcuni importanti principi che le amministrazioni sono tenute a considerare nell’adozione del piano triennale dei fabbisogni di personale: l’ottimale impiego delle risorse pubbliche e l’ottimale  distribuzione delle risorse umane. Si tratta di principi la cui applicazione deve, tra l’altro, essere funzionale al perseguimento dei risultati di performance organizzativa, nonché al raggiungimento di obiettivi i efficienza, economicità e qualità dei servizi resi al cittadino. Sembra abbastanza chiaro, pertanto, che, in questo modo, viene sancito un legame inscindibile tra il ciclo della performance ed il piano dei fabbisogni di personale, che ne costituisce un atto programmatorio conseguente e funzionale agli obiettivi ivi previsti. E’ la stessa norma, infatti, a stabilire che il Ptfp deve essere adottato “in coerenza con la pianificazione pluriennale della attività e della performance”, per cui è sancito non solo l’aspetto formale (già disciplinato dall’articolo 10, comma 5, del Dlgs n. 150/2009, secondo il quale l’amministrazione non può procedere ad assunzioni di personale nel caso di mancata adozione del piano della performance), ma è introdotto un ulteriore profilo, di maggiore pregnanza e significatività: la pianificazione dei fabbisogni di personale deve essere adottata per perseguire gli obiettivi definiti nel piano della performance, i quali, a loro volta, in base alle linee guida del Dfp, sono principalmente obiettivi di performance organizzativa coerenti con la pianificazione pluriennale delle attività e, quindi, con il  complesso degli strumenti programmatori che caratterizzano i diversi comparti delle amministrazioni pubbliche (a titolo di esempio, nelle amministrazioni regionali la programmazione dei fondi comunitari rappresenta una delle direttrici di pianificazione delle attività). La programmazione dei fabbisogni di personale non può, né deve, ridursi ad un calcolo automatico di tipo sostitutivo o meramente reintegrativo del personale cessato, per quanto il regime di turn-over sia stato, e sia ancora, fortemente limitato, ma costituisce il momento elettivo in cui le amministrazioni stabiliscono di quali competenze e di quali professionalità hanno bisogno per perseguire la propria mission istituzionale ed i propri obiettivi di performance, rappresentando, quindi, un vero e proprio strumento programmatorio di tipo strategico per la realizzazione delle politiche dell’amministrazione.

Le linee d’indirizzo del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione
Per la predisposizione del Ptfp le amministrazioni devono tenere conto delle linee d’indirizzo adottate, secondo la previsione dell’art. 6-ter del Dlgs n. 165/2001, con atto di natura non regolamentare, dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, recentemente rese pubbliche dal competente Dicastero ed in attesa della definitiva formalizzazione ai fini della loro vigenza giuridica. Preliminarmente va sottolineato come, alla predisposizione della programmazione dei fabbisogni di personale, devono concorrere tutte le direzioni apicali delle amministrazioni pubbliche e le relative proposte, in base all’art. 16, comma 1, lettera a-bis), del richiamato decreto legislativo, devono essere formulate in base alle risorse ed ai profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti d’ufficio. Nel predisporre il Ptfp, poi - oltre, come si è detto, a considerare il piano della performance meccanismo del quale l’atto di programmazione costituisce strumento attuativo consequenziale - le amministrazioni possono definire atti di indirizzo di ulteriore dettaglio, cui le strutture preposte devono adeguarsi nell’elaborazione del piano.

Il riassetto organizzativo
Quindi l’attuazione dei principi sopra richiamati richiede una profonda revisione degli assetti culturali ed organizzativi del sistema di funzionamento pubblico, nell’ambito della quale trova opportuno spazio l’individuazione delle professionalità e delle competenze professionali necessarie - anche attraverso l’applicazione di procedure di ricollocazione interna del personale - che, a sua volta, richiede una mappatura delle competenze in funzione delle esigenze specifiche delle articolazioni organizzative dell’Ente, correlate agli obiettivi ed ai compiti istituzionali assegnati. Il Piano dei fabbisogni di personale deve costituire, quindi, l’occasione per ripensare l’organizzazione dell’ente e per individuare le effettive esigenze di professionalità, non fondandole, quindi, su mere logiche sostitutive, ormai da considerarsi largamente superate, ma su di un’organizzazione del lavoro al passo con i tempi, sfruttando, altresì, le rilevanti potenzialità offerte dall’innovazione tecnologia per l’erogazione dei servizi al cittadino. E’ anche l’occasione per ricorrere, laddove necessario, a forme di riconversione professionale delle risorse umane in linea con le mutate esigenze e con i nuovi assetti organizzativi, consentendo, in tal modo, il mantenimento dei livelli occupazionali, maggiormente qualificati e proiettati nell’ottica di un generale recupero di efficienza del sistema pubblico. Occorre considerare, inoltre, tenendo conto delle specificità delle singole amministrazioni, dei criteri - espressamente richiamati dalla norma del Tupi che disciplina l’atto programmatorio e dalle linee guida attuative del Ministro della pubblica amministrazione - contenuti nell’art. 2, comma 10, del Dl n. 95/2012, in particolare:
1. l’eliminazione di duplicazioni prevedendo la concentrazione delle funzioni istituzionali, anche attraverso il riordino delle competenze degli uffici;
2. la riorganizzazione degli uffici con funzioni ispettive e di controllo;
3. la conclusione di appositi accordi tra amministrazioni per l’esercizio unitario delle funzioni logistiche e strumentali, compresa la gestione del personale e dei servizi comuni, ricorrendo anche a strumenti d’innovazione amministrativa e tecnologica, nonché all’utilizzo congiunto delle risorse umane.
A questi criteri va aggiunta la possibilità di utilizzo, in generale, dell’istituto della convenzione tra enti per la messa a fattore comunque di specifici servizi (es.: nuclei di valutazione, servizi di controllo di gestione, servizi informatici, servizi di supporto, controllo interno, etc.), così come previsto, per gli enti locali, dall’articolo 30 del Tuel, approvato con Dlgs n. 267/2000, laddove il primo comma espressamente statuisce che, al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni finalizzate alla relativa gestione congiunta. Il piano dei fabbisogni di personale è sviluppato in una prospettiva temporale triennale e deve essere adottato annualmente (cd triennio mobile), al fine di tenere conto delle mutate esigenze di contesto normativo, organizzativo e funzionale. La modifica del Ptfp in corso d’anno è consentita, secondo le linee guida del Ministro della pubblica amministrazione, solo a fronte di situazioni nuove e non prevedibili e deve essere adeguatamente motivata; in ragione della stretta connessione con il Piano della performance, la cui modifica infra-annuale deve rispondere ai medesimi presupposti, un intervento rimodulativo di quest’ultimo può rendere necessaria la realizzazione di un analogo intervento modificativo del piano dei fabbisogni, in coerenza con la natura strumentale di tale programmazione.

La mappatura delle competenze
La recenti modifiche normative e le linee di indirizzo in corso di formalizzazione, unitamente all’evoluzione dei sistemi valutativi, costituiscono altrettante importanti leve che le Amministrazioni devono utilizzare per modernizzare e rendere più efficace l’organizzazione rispetto ai propri compiti istituzionali, in primis l’elaborazione e l’attuazione degli strumenti di programmazione per pervenire ad un’efficace implementazione delle politiche pubbliche. E’ giunto il momento, soprattutto in costanza di un quadro congiunturale che colpisce anche il sistema pubblico, di riflettere circa l’utilizzo della programmazione dei fabbisogni di personale per perseguire un migliore utilizzo delle competenze interne, sapientemente sfruttando un insieme integrato di azioni di rafforzamento, valorizzazione e avvicinamento alle esigenze di soddisfazione dei destinatari dei servizi e degli interventi. Spesso in sistemi articolati e complessi, quali sono le Regioni o i Comuni di grandi dimensioni, risulta difficoltoso acquisire e costruire le informazioni in grado di fornire un perimetro certo delle disponibilità delle competenze interne, che possano essere razionalmente utilizzate in modo da rispondere alle esigenze di attuazione delle politiche e dei programmi adottati dall’amministrazione. Può accadere, allora, che l’amministrazione stessa sia costretta ad accedere a risorse esterne, o perché gli interpelli di disponibilità interne vanno deserti, o perché, pur in presenza di manifestazioni d’interesse, i titolari della gestione delle risorse umane (i dirigenti) preferiscono preservare le risorse a propria disposizione, ancorché sottoutilizzate, piuttosto che concedere la mobilità interna privandosi di unità produttive. In questo quadro, pertanto, a tale criticità può essere connesso il rischio, piuttosto diffuso, che risorse umane, dotate di competenze specifiche e di adeguate attitudini, rimangano pressoché inutilizzate in particolari periodi o per determinati obiettivi, nonostante potrebbero essere utilizzate in modo più razionale e produttivo, anche solo temporaneamente, nell’interesse dell’amministrazione, nell’ambito di task force specifiche o per rispondere ad esigenze ineludibili. Corollario di tale criticità, infatti, è il pericolo di una mancata valorizzazione di competenze e di professionalità a disposizione o, peggio, la convinzione che certe competenze non siano nella disponibilità dell’amministrazione. Una moderna gestione delle risorse umane non può, quindi, prescindere dalla mappatura delle competenze interne, come, peraltro, suggerito anche dalle recenti linee d’indirizzo del Ministro della pubblica amministrazione in corso di definizione, né può ignorare l’analisi del gap formativo eventualmente esistente, la migliore allocazione delle risorse umane in base alle esigenze dell’amministrazione e la loro crescita e valorizzazione: ciò anche per far fronte a documentate esigenze organizzative che impediscano o rallentino l’ordinario svolgimento di alcuni servizi, oppure rendano difficoltosa la gestione di processi di rilevanza strategica o richiedano di rafforzare un servizio in vista di scadenze improcrastinabili o, ancora, per evitare ritardi che possano compromettere, in modo irreversibile, la funzionalità dei servizi.
Peraltro il sistema di mobilità interna è stato notevolmente alleggerito dalla modifica dell’articolo 30, comma 2, Dlgs n. 165/2001, apportata dal decreto-legge n. 90/2014, laddove è previsto che, ai processi di mobilità interna, non si applichi il terzo periodo, del primo comma, dell’articolo 2103 Cc, prevedendo, cioè, la disapplicazione, nel rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni, addirittura delle “ragioni tecniche, organizzative e produttive” che non sono più richieste per i processi di mobilità interna. La mappatura delle competenze, pertanto, deve concentrare l’attenzione sulle competenze più critiche e più significative, ovvero su quelle ad alto valore aggiunto nelle dinamiche dei processi che interessano i vari ambiti di intervento delle amministrazioni; ciò al fine di evitare un’eccessiva polverizzazione della mappatura, che rischierebbe di rendere inefficace lo strumento rispetto ai fini per i quali deve essere progettato ed implementato. In particolare la mappatura può facilitare la disponibilità di un’ampia base informativa, in grado di sostenere l’azione strategica delle amministrazioni al fine di conseguire le seguenti ulteriori finalità:
- rendere possibile la valorizzazione delle risorse umane e una migliore performance dei dipendenti;
- migliorare la performance generale di Ente;
- limitare il ricorso a professionalità esterne, favorendo l’internalizzazione delle competenze nel rispetto del principio di autosufficienza;
- creare circoli virtuosi di economicità della spesa pubblica;
- favorire l’implementazione e la “manutenzione” delle strutture organizzative e il sistema di assegnazione delle risorse umane alle strutture interne;
- rafforzare il senso di appartenenza di chi lavora all’interno delle amministrazioni verso un’idea di amministrazione da tutelare, da curare, da difendere, al fine di riscoprire l’orgoglio di lavorare nelle amministrazioni pubbliche che forniscono servizi alla collettività.
Tale approccio innovativo, inoltre, risulta funzionale ai seguenti ulteriori obiettivi di governance delle risorse umane e strategie di governo in generale:
-  individuazione delle professionalità interne adatte per aggredire una determinata problematica in condizioni di contesto che richiedono, alla direzione delle risorse umane, di “allocare” le competenze in base alle esigenze, anche di natura temporanea, ed in funzione delle strategie e delle esigenze di attuazione degli indirizzi politico-amministrativi;
-  rafforzamento di una gestione razionale ed equilibrata della rotazione degli incarichi;
-  allineamento delle competenze tecniche e delle competenze comportamentali alle innovazioni dell’agire amministrativo, ai nuovi processi ed ai nuovi strumenti caratterizzati dall’ integrazione e dalla collaborazione continua con gli interlocutori interni ed esterni;
-  attivazione di un sistema di gestione delle risorse umane funzionale alla valorizzazione e alla crescita delle competenze interne, alla riprogrammazione della distribuzione delle risorse, al recupero di risorse non opportunamente utilizzate ed alla rotazione equilibrata e ragionata degli incarichi;
-  utilizzazione dei “saperi” amministrativi e tecnici, laddove si presentino effettive esigenze, in linea con le priorità declinate negli atti di programmazione e negli atti d’indirizzo dell’organo politico di vertice;
-  realizzazione di un appropriato percorso di programmazione delle attività formative dirette a colmare i delta che dovessero emergere dalla mappatura delle competenze interne;
-  definizione di un sistema formale di procedure e strumenti in grado di riconoscere e valorizzare le competenze tramite procedure per allocare le stesse in funzione di priorità, emergenze, processi di valorizzazione.

Conclusioni
Le linee d’indirizzo emanate in attuazione dell’articolo 6-ter del Dlgs n. 165/2001 saranno pienamente operative decorsi 60 giorni dalla pubblicazione del provvedimento in gazzetta ufficiale, termine dal quale si produrranno i relativi effetti giuridici e, conseguentemente, il mancato rispetto dei loro contenuti impedirà, alle amministrazioni pubbliche, ogni possibilità di procedere ad assunzioni di personale. In sintesi, quindi, la pianificazione dei fabbisogni di personale deve essere preceduta da un’attività di analisi e di rappresentazione delle esigenze sia quantitative, ovvero la consistenza numerica di unità necessarie ad assolvere la missione dell’amministrazione, sulla base di attività omogenee e dei processi presidiati, che qualitative, con riferimento alle tipologie di professioni e di competenze professionali rispondenti alle esigenze dell’amministrazione, “tenendo conto delle professionalità emergenti in ragione dell’evoluzione dell’organizzazione del lavoro e degli obiettivi da realizzare”. Nel Piano dei fabbisogni, peraltro, occorrerà dar conto delle verifiche e delle rilevazioni effettuate nell’ambito del riassetto organizzativo funzionale all’attuazione degli obiettivi di performance organizzativa definiti con il Piano della performance; la mancanza di tali verifiche e la carenza di rilevazioni al riguardo renderanno inidoneo lo strumento programmatorio a superare il divieto di procedere ad assunzioni di personale in caso di mancata adozione del Ptfp, trasfigurandone, infatti, la conformazione e trasformandolo, sostanzialmente, in uno strumento diverso da quello che puntualmente prescrive e descrive l’articolo 6 del Dlgs n. 165/2001. Le amministrazioni, pertanto, dovranno essere in grado di dimostrare, in modo compiuto e reale, di aver scrupolosamente condotto le verifiche qualitative e quantitative di cui sopra, di avere applicato i criteri richiamati dall’art. 6 e di avere, quando necessario, attivato tutte le leve di gestione delle risorse umane (riconversione, mobilità interna, trasferimento temporaneo, riprofessionalizzazione etc.) che consentano il migliore utilizzo delle professionalità e delle competenze interne già disponibili, in funzione dell’attuazione delle attività previste dai diversi documenti di programmazione, dell’efficienza, dell’economicità e della qualità dei servizi erogati.

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