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Rimborsi alla perdita di chance solo se il danneggiato riesce a dimostrarla

di Amedeo Di Filippo

Il danno da perdita di chance presuppone una rilevante probabilità del risultato utile frustrata dall'agire illegittimo dell'amministrazione, la cui dimostrazione concreta ricade sul soggetto che lo ha patito. Sono i principi espressi quasi in contemporanea dalla sezione lavoro della Corte di cassazione con la sentenza n. 11165/2018 e dalla quarta sezione del Consiglio di Stato con la n. 2907/2018.

Il concorso illegittimo
La questione trattata dalla Suprema Corte riguarda la richiesta di risarcimento danni conseguiti in ragione dell'annullamento della graduatoria di un concorso pubblico. Il ricorrente fa discendere ogni conseguenza lesiva a proprio danno dagli esiti non favorevoli del concorso illegittimo e, quindi, dalla perdita delle corrispondenti chances. Il candidato sostiene che, al fine di stabilire il nesso causale tra illegittimità e danno, è possibile ricorrere al criterio residuale del rapporto tra il numero dei soggetti da selezionare e il numero di quelli che avevano concorso alla selezione, che avrebbe determinato una percentuale di esito positivo pari al 55%, quindi superiore alla metà.
Rispetto a questo criterio, la Cassazione ribadisce come la propria giurisprudenza si sia attestata su parametri valutativi che richiedono l'apprezzamento del probabile trasformarsi della chance in reale conseguimento del beneficio in termini di «elevata probabilità, prossima alla certezza». Nel caso di specie, il livello di probabilità che deriva dal rapporto tra partecipanti e posti disponibili risulta tale da restare ampiamente al di sotto della soglia richiesta per la sufficiente dimostrazione di un danno risarcibile per perdita di chance. Né risultano provate e quantificate le sofferenze e i disagi collegati alle illegittimità concorsuali, la cui dimostrazione ricade sul soggetto che lamenta il danno. In caso contrario la richiesta è priva di specificità e, quindi va respinta.

Il finanziamento
Il caso analizzato dalla quarta sezione del Consiglio di Stato riguarda, invece, una deliberazione con cui il consiglio comunale ha promosso una procedura tesa alla partecipazione al finanziamento di un programma innovativo di recupero urbano, a cui ha partecipato una Ati, poi esclusa sul rilievo che il bando non prevedeva la partecipazione di associazioni temporanee d'impresa. Il danno da perdita di chance, rammentano i giudici di Palazzo Spada, presuppone «una rilevante probabilità del risultato utile» che venga frustrata dall'agire illegittimo dell'amministrazione, non identificabile nella perdita della semplice possibilità di conseguire il risultato sperato, bensì nella perdita attuale di un esito favorevole, anche solo probabile. Anzi, deve esserci la prova certa di una probabilità di successo almeno pari al 50% o quella che l'interessato si sarebbe effettivamente aggiudicato il bene della vita cui aspirava.
Nel caso di specie, il conseguimento del bene della vita era aleatorio perché condizionato all'inserimento dell'intervento nel programma di riqualificazione, alla presentazione del programma secondo le indicazioni del bando ministeriale ed entro il termine ivi indicato, all'ammissione a finanziamento. Non può nemmeno essere tutelato il ristoro delle spese sostenute, in quanto l'avviso di selezione non è impegnativo per l'amministrazione e per i soggetti che dovessero aderire all'invito prima della formalizzazione dell'offerta.

La sentenza della Corte di cassazione n. 11165/2018

La sentenza del Consiglio di Stato n. 2907/2018

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