Personale

Fondo del salario accessorio, il nuovo contratto non cambia le voci di parte variabile

di Luca Tamassia

Conclusa la trattazione delle singole componenti della parte stabile del fondo di finanziamento del trattamento economico accessorio del personale dipendente regolate dall’articolo 67, commi 1 e 2, del Ccnl 21.5.2018 del comparto contrattuale “Funzioni Locali”, rispettivamente: Importo Unico Consolidato (Iuc) ed integrazioni della parte stabile (per le precedenti trattazioni sulla composizione del fondo si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 12 giugno, 20 giugno, 4 luglio e 10 luglio), occorre osservare come le voci di costituzione della parte variabile del fondo stesso, disciplinate dal comma 3 del medesimo articolo 67, riproducono, sostanzialmente, i precedenti flussi di composizione già previsti dall’articolo 31, comma 3, del Ccnl 22.1.2004, non apportando, pertanto, sostanziali innovazioni rispetto alla struttura dotazionale del fondo per come precedentemente configurata.
In disparte i meccanismi d’impatto sulla parte variabile del fondo a seguito delle dinamiche di strutturazione di alcune componenti della parte stabile, già osservati nelle precedenti trattazioni - con particolare riferimento al combinato della lettera c) del comma 2 e lettera d) del comma 3, nonché della lettera e) del comma 2 e lettera k) del comma 3) - elementi di una qualche novità sono rinvenibili, viceversa, nelle previsioni recate dalle lettere h) ed i) del comma 3 del citato articolo 67 del contratto nazionale di lavoro, che integrano la parte variabile del fondo.
Tali flussi di costituzione si riferiscono, rispettivamente, alle integrazioni disciplinate dai commi 4 e 5, let. b), del ridetto articolo 67 che, a loro volta, rappresentano le sostanziali reiterazioni degli incrementi già prescritti dall’art. 15, commi 2 e 5, del Ccnl 1.4.1999. Il comma 4, infatti, ripropone la possibilità, previa contrattazione integrativa intesa alla verifica della concreta possibilità di esercizio di tale facoltà, di incrementare la parte variabile del fondo sino ad un importo massimo corrispondente alla quota dell’1,2% calcolata sul monte salari dell’anno 1997 riferito al personale dipendente, al netto della spesa per la dirigenza e per il segretario comunale/provinciale.
La norma, quindi, ricalca la superata disposizione dell’art. 15, comma 2, del Ccnl 1.4.1999, riportandosi, di fatto, all’omologa disposizione vigente per la separata area dirigenziale delle funzioni locali, ancora oggi dettata dall’art. 26, comma 2, del Ccnl 23.12.1999, nonché eliminando, in tal modo, le condizioni che ne legittimavano l’impiego nel previgente assetto contrattuale.
L’utilizzo di tale integrazione della parte variabile del fondo, invero, era collegata alla sussistenza di due specifiche condizioni, espressamente dettate dalla precedente clausola negoziale di cui al comma 4 del richiamato art. 15, ovvero il preventivo accertamento, da parte dei servizi di controllo interno o dei nuclei di valutazione, delle effettive disponibilità di bilancio create, dalle singole amministrazioni interessate, a seguito di processi di razionalizzazione e riorganizzazione delle attività, ovvero espressamente destinate, dall’ente, al raggiungimento di specifici obiettivi di produttività e di qualità. L’elisione delle due richiamate condizioni quali presupposti per l’esercizio della facoltà di aumento delle disponibilità dei fondi al presente titolo, pertanto, costituisce un ulteriore momento di semplificazione delle attività di costruzione dei fondi, atteso che tale voce di alimentazione ha rappresentato, da sempre, un vero e proprio leit motiv delle azioni di verifica da parte dei servizi ispettivi della ragioneria generale dello Stato, con la conseguente rilevazione dei relativi addebiti per l’omessa osservanza delle condizioni di impiego di tali risorse aggiuntive, di talché il loro superamento consentirà, certamente, a coloro che sono funzionalmente chiamati, con proprio atto, alla costituzione dei fondi risorse decentrate, di tirare finalmente un sospiro di sollievo.
Occorre osservare, tuttavia, che non deve trarre in inganno la permanenza del solo vincolo costituito dalla sussistenza della relativa capacità di spesa nelle previsioni di bilancio dell’amministrazione per sostenere che l’esercizio di tale facoltà sia del tutto esente da limitazioni, atteso che l’incremento dell’entità del fondo costituisce, pur sempre, una mera prerogativa per l’amministrazione e non, certamente, un obbligo, per cui l’assolvimento di tale azione discrezionale deve, necessariamente, risultare assistito da un’idonea motivazione, sia ai fini di dar conto delle motivazioni che hanno indotto l’ente ad esercitare tale facoltà di spesa, effettuando un’integrazione economica non strettamente dovuta, sia in funzione del rispetto del più generale principio di buon andamento dell’azione amministrativa (articolo 97 Cost.) proiettato in chiave economico-finanziaria, al fine, quindi, di dar puntuale conto dell’utilità guadagnata al sistema pubblico dall’onere sostenuto a titolo di incremento di spesa non obbligatorio. La lettera b) del comma 5 del ripetuto art. 67 del nuovo contratto, viceversa, riprende, superandone la struttura che l’ha caratterizzato da anni, le previsioni integrative che erano proprie dell’articolo 15, comma 5, del Ccnl 1.4.1999, eliminandone, tuttavia, i relativi limiti di impiego. La “vecchia” clausola pattizia, infatti, consentiva, all’amministrazione - in caso di attivazione di nuovi servizi o di processi di riorganizzazione finalizzati all’aumento di quelli esistenti, ai quali fosse correlato un aumento delle prestazioni del personale in servizio cui non potesse farsi fronte attraverso la razionalizzazione delle strutture e/o delle risorse finanziarie disponibili – di disporre un incremento della parte variabile del fondo di alimentazione del salario accessorio del personale. L’entità dell’incremento, poi, finalizzata a sostenere i maggiori oneri del trattamento economico accessorio del personale da impiegare nelle nuove attività, era da valutarsi nell’ambito della programmazione annuale e triennale dei fabbisogni di personale, individuando la relativa copertura nell’ambito delle capacità di bilancio. Anche l’applicazione di tale disposizione contrattuale ha rappresentato, nel tempo, l’ossessione degli operatori a seguito degli esiti delle indagini ispettive ed inquirenti disposte dai competenti soggetti istituzionali, per cui la sua semplificazione previsionale e normativa è stata salutata con indubbio favore da tutti. L’attuale formulazione, pertanto, semplificata e snellita rispetto alla precedente, consente di aumentare la parte variabile del fondo per il conseguimento di non meglio identificati obiettivi dell’amministrazione, anche di mantenimento, definiti nel piano delle performance o in altri analoghi strumenti di programmazione della gestione, al fine di sostenere i correlati oneri dei trattamenti economici accessori del personale. Vale la pena, non di meno, in relazione a detta regolazione, formulare alcune sintetiche osservazioni:
1. per la presente integrazione della parte variabile del fondo non possono non valere le stesse considerazioni già svolte con riferimento alla precedente facoltà integrativa del fondo (comma 4 dell’articolo 67), con particolare riferimento alla necessaria sussistenza di un’adeguata motivazione che deve presidiare l’esercizio di detta facoltà d’incremento della spesa di risorse pubbliche;
2. il collegamento di tale forma di finanziamento aggiuntivo con gli obiettivi contenuti nel piano della performance o in analoghi strumenti di programmazione gestionale, lascia supporre ed intendere che la relativa provvista debba essere esclusivamente destinata al finanziamento di premialità specifica, non potendo trovare residenza, infatti, nell’ambito della predetta pianificazione, elementi del salario accessorio diversi da quelli riferibili al novero degli istituti premiali, quali le indennità;
3. il regime di premialità alimentato dalla presente facoltà integrativa risulta connesso al conseguimento degli obiettivi così declinati nel sistema di programmazione delle performance, di talché il mancato raggiungimento dei relativi risultati impedisce, all’amministrazione, il riconoscimento del relativo regime di premialità, con conseguente economia di bilancio;
4. l’obiettivo di mantenimento deve risultare, comunque, correlato a specifiche utilità che l’amministrazione abbia originariamente conseguito, atteso che il regime premiale, complessivamente e specificamente considerato, può essere riconosciuto esclusivamente laddove si sia prodotto un effettivo e significativo miglioramento della qualità dei servizi erogati, nel caso di specie mantenibile solo in presenza di determinate condizioni di contesto che possano qualificare, il mantenimento che costituisce il core dell’obiettivo, alla stregua di utilità permanente per l’amministrazione.  
Come si vede, dunque, l’azione di semplificazione e di chiarimento introdotta dalle nuove norme contrattuali non sta, certamente, a significare che le amministrazioni potranno “fare ciò che vogliono” disponendo arbitrari incrementi di spesa correlati all’utilizzo di risorse pubbliche, sistema, infatti, che resta, al di sopra ed oltre le previsioni contrattuali, retto da indeclinabili corollari che si riportano a più generali principi di derivazione costituzionale e di coordinamento di finanza pubblica, in quanto tali imperativi ed inderogabili.

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