Personale

Illegittimo il «no» non motivato alla richiesta di aspettativa del dipendente-dottorando

di Guido Befani

Il collocamento in aspettativa per motivi di studio è subordinato ad un’attenta valutazione da parte dell’Amministrazione di appartenenza alle sue esigenze organizzative, delle quali la stessa deve rendere conto fornendo una motivazione rigorosa che, a maggior ragione nel caso di diniego, esprima le oggettive ragioni di incompatibilità del collocamento in aspettativa richiesto dal dipendente con gli interessi e la funzionalità della Pa. È quanto afferma il Tar Genova, con la sentenza n. 626/2018.

L’approfondimento
Il Tar Genova è intervenuto affermando l’illegittimità del diniego opposto nei confronti di un dipendente della polizia penitenziaria, in merito ad una istanza tendente ad ottenere il collocamento in aspettativa per motivi di studio, genericamente motivato con riferimento all’incompatibilità della richiesta aspettativa per il dottorato con le esigenze organizzative dell’Istituto penitenziario di assegnazione.

La decisione
Nell’accogliere il ricorso del lavoratore, il Collegio ha avuto modo di rilevare come l’articolo 2 della legge 13 agosto 1984, n. 476, recante “Norma in materia di borse di studio e dottorato di ricerca nelle Università”, preveda espressamente che “Il pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca è collocato a domanda, compatibilmente con le esigenze dell'amministrazione, in congedo straordinario per motivi di studio senza assegni per il periodo di durata del corso ed usufruisce della borsa di studio ove ricorrano le condizioni richieste. In caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio, o di rinuncia a questa, l'interessato in aspettativa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell'amministrazione pubblica presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro”.
Per il Collegio, infatti, l’amministrazione di appartenenza avrebbe negato l’aspettativa sulla base della generica asserzione relativa alla popolazione detenuta presso l’Istituto e alla presenza di un organico appena sufficiente a farvi fronte. Con riferimento in particolare a quest’ultimo richiamo, l’affermazione è risultata essere in sé generica e priva di fondamento, oltre che disancorata dallo specifico impiego e alle funzioni svolte dal ricorrente.
La formulazione originaria dell’articolo 2 della legge 476 del 1984 prevedeva il diritto pieno e incondizionato del dipendente ad essere collocato in aspettativa ai fini della frequenza di un dottorato di ricerca. L’articolo 19, comma 3, della L. 30 dicembre 2010, n. 240 ha modificato tale disposizione, subordinando la concessione del congedo alla compatibilità dello stesso con le esigenze dell’amministrazione.
Nel dirimere la controversi, il Collegio ha rilevato altresì come le modifiche legislative non stravolgono la natura dell’istituto in questione, nel senso che il collocamento in aspettativa, così come un suo eventuale diniego, è subordinato ad un’attenta valutazione da parte dell’Amministrazione di appartenenza alle sue esigenze organizzative, delle quali la stessa deve rendere conto fornendo una motivazione rigorosa che, a maggior ragione nel caso di diniego, esprima le oggettive ragioni di incompatibilità del collocamento in aspettativa richiesto dal dipendente con gli interessi e la funzionalità della Pa.
Pertanto, poiché il beneficio previsto dalla richiamata normativa è infatti espressione del diritto allo studio, costituzionalmente garantito, la legittimità del provvedimento di diniego deve essere subordinata ad una specifica valutazione e ad una conseguente rigorosa motivazione non già rispetto alle generiche esigenze organizzative complessive dell’amministrazione di provenienza, ma con riferimento alla professionalità, al ruolo e alle peculiarità di impiego dell’interessato, onde valutare se ricorrano effettivamente ragioni ostative all’accoglimento della sua domanda.

Conclusioni
Alla luce di queste premesse, ne deriva che le motivazioni addotte dall’amministrazione resistente non rispondano a detti stringenti requisiti, con il conseguente annullamento del diniego di aspettativa.

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