Personale

Dal nuovo contratto regole più semplici per l’integrazione dell’1,2% al fondo del salario accessorio

di Marco Rossi

Il nuovo contratto per le funzioni locali semplifica gli adempimenti da assolvere ai fini dell'integrazione del fondo per il trattamento accessorio del personale del comparto nella misura dell'1,2% del monte salari 1997. Una scelta del tutto condivisibile considerando che in passato erano state evidenziate delle criticità (sia da parte della magistratura contabile sia da parte del Mef) avuto riguardo all'applicazione di questo particolare istituto, destinato a rendere possibile un aumento della quota variabile del fondo per il trattamento accessorio.

La modifica introdotta
La nuova formulazione contrattuale, in particolare, riprende la precedente previsione (contenuta nell'articolo 15, comma 2, del contratto 1° aprile 1999) secondo cui in sede di contrattazione integrativa, ove nel bilancio dell'ente sussista la capacita di spesa, le parti verificano l'eventualita dell'integrazione della componente variabile sino a un importo massimo corrispondente all'1,2% su base annua del monte salari dell'anno 1997, esclusa la quota relativa alla dirigenza.
Di conseguenza, non è più contenuta nella disciplina contrattuale la specifica disposizione riportata nel comma 4 in forza della quale lo stesso importo (ferma la capacità di spesa) poteva essere reso disponibile solo a seguito del preventivo accertamento, da parte dei servizi di controllo interno o dei nuclei di valutazione, delle effettive disponibilità di bilancio dei singoli enti create a seguito di processi di razionalizzazione e riorganizzazione delle attività ovvero espressamente destinate dall'ente al raggiungimento di specifici obiettivi di produttività e di qualità.
In altri termini, erano individuati essenzialmente due presupposti ulteriori ai fini del finanziamento della quota aggiuntiva, legati agli eventuali risparmi conseguenti a interventi di razionalizzazione/riorganizzazione (da destinare alla generalità degli obiettivi di performance) ovvero a una precisa scelta dell'ente, in questo secondo caso con risorse da “canalizzare” a specifici obiettivi di produttività e di qualità (in tal senso Ral 1867).
Soprattutto la disposizione, optando per la prima soluzione, imponeva un puntuale (ed esplicito) accertamento della disponibilità creata dai processi di riorganizzazione/razionalizzazione da parte dei servizi di controllo interno o nuclei di valutazione, chiamati ad operare tale verifica precedentemente alla certificazione del fondo da parte degli organi di revisione economico-finanziari.

La semplificazione degli adempimenti
Con la novità del contratto, a questo punto, opera una rilevante semplificazione che, da un lato, comporta il superamento della necessità di acquisire dagli organi di controllo interno l'apposita attestazione in ordine all'idoneità degli interventi di razionalizzazione/riorganizzazione e, dall'altro lato, evita la specifica destinazione degli incrementi a determinati obiettivi di produttività e di qualità, ampliando così i margini di manovra. Di conseguenza, la possibilità di disporre l'incremento delle risorse del fondo (ovviamente alimentando la parte variabile) è condizionata esclusivamente dalle capacità di spesa e di bilancio oltre che dai tetti concernenti le risorse destinate al trattamento accessorio (articolo 23 del Dlgs 75/2017), da verificare attentamente in vista della contrattazione decentrata.
Naturalmente, si tratta di un'opzione e non di un obbligo, con la conseguenza che gli enti devono valutare di anno in anno se ed in quale misura integrare le risorse del fondo, con il vantaggio, però, dal 2018, di poter provvedere con un iter tendenzialmente più semplice e, quindi, più difficilmente censurabile.

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