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Per la Corte europea dei diritti dell'uomo vanno indennizzati i medici in pensione senza tutti i contributi

L’Italia condannata a versare un indennizzo ai medici che non avevano ricevuto nella quantificazione della pensione il calcolo del periodo lavorativo con contratto a tempo determinato a causa del mancato versamento dei contributi previdenziali. Con una sentenza depositata ieri (ricorsi n. 29932/07 e n. 29907/07), infatti, Strasburgo ha messo la parola fine a una vicenda che aveva visto come protagonisti alcuni medici che avevano lavorato, tra gli anni Ottanta e Novanta, presso il policlinico dell’Università di Napoli Federico II. In un primo momento i professionisti erano stati assunti con un contratto a termine («attività professionale remunerata a gettone») e, poi, a tempo indeterminato. Tuttavia, non avevano ottenuto il riconoscimento del primo rapporto di impiego e il versamento dei contributi previdenziali ai fini della pensione e si erano rivolti ai giudici amministrativi.

In precedenza, altri professionisti nella stessa situazione avevano ottenuto dai giudici amministrativi il riconoscimento dei contributi previdenziali. Per i nuovi ricorrenti, invece, il ricorso era stato dichiarato inammissibile anche a causa di un mutamento legislativo e di un cambio nel riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario. Pertanto, i medici avevano presentato un ricorso a Strasburgo che già nel 2014 aveva affermato che la mancata possibilità di rivolgersi in sede giurisdizionale aveva violato l’articolo 6 della Convenzione europea che assicura il diritto di ogni persona a un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole e dell’articolo 1 del protocollo n. 1 sul diritto di proprietà. In particolare, per la Corte europea i ricorrenti avevano un’aspettativa legittima di ottenere gli importi legati alla pensione per l’attività lavorativa svolta. Sul piano interno, poi, a seguito della sentenza di Strasburgo, la vicenda era arrivata anche alla Consulta.

Con la sentenza di ieri la Corte ha deciso sull’equa soddisfazione alla parte lesa e ha condannato l’Italia a versare 34mila euro a ogni ricorrente (in totale 17) per i danni patrimoniali. La Corte ha deciso su base forfettaria tenendo conto di diversi parametri, inclusa la prassi nazionale e il contratto collettivo. In aggiunta, ai ricorrenti è stato concesso un indennizzo di 8mila euro per i danni non patrimoniali.

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