Personale

Privacy, la Cassazione «blinda» i dati giudiziari

di Pietro Verna

In tema di danni derivanti dall'illecito trattamento di dati personali, l'articolo 15 del codice della privacy («Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell'articolo 2050 del codice civile») pone due presunzioni. La prima che il danno è da addebitare a chi ha trattato i dati o si è avvalso di un altrui trattamento, a meno che egli non dimostri di aver adottato tutte le misure idonee ad evitarlo. La seconda che le conseguenze non patrimoniali del danno devono considerarsi in re ipsa, a meno che il danneggiante non dimostri che non ci sono state conseguenze ovvero che il danno è irrilevante. In base a questo principio, la Cassazione con l'ordinanza n. 14242/2018 ha confermato la sentenza con la quale il tribunale di Roma aveva condannato l'agenzia delle Dogane al risarcimento del danno subito da un funzionario trasferito in un'altra sede per via di una indagine della Procura di Campobasso, nel corso della quale era stato sottoposto a perquisizione, personale, domiciliare e locale. Fatto divenuto di pubblico dominio, perché il provvedimento di trasferimento che riportava la vicenda era stato comunicato mediante una nota non riservata, acquisibile non solo dal titolare del trattamento ma da qualunque impiegato.

Cornice normativa
Il Codice della privacy stabilisce che il trattamento di dati personali per la gestione del rapporto di lavoro avvenga:
• rispettando i princìpi di necessità, di liceità e di qualità dei dati (articoli 3 e 11);
• dando concreta applicazione al principio di indispensabilità nel trattamento dei dati sensibili e giudiziari (articoli 4, comma 1, lettere d) ed e), 22, commi 3, 5 e 9, e 112);
• informando preventivamente e adeguatamente gli interessati (articolo 13);
• limitando il trattamento di dati sensibili e giudiziari alle sole informazioni ed operazioni di trattamento individuate e rese pubbliche con atto adottato in conformità al parere dell'Autorità garante della privacy (articoli 20, 21, 112 e 154);
• adottando misure di sicurezza idonee a preservare i dati da accessi ed utilizzazioni indebiti, rispetto ai quali l´amministrazione può essere chiamata a rispondere (articoli 15 e 31).
Principi che l'autorità garante ha illustrato nelle «Linee guida in materia di trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di gestione del rapporto di lavoro in ambito pubblico» Deliberazione n. 23/2007

La decisione
La difesa delle Dogane aveva censurato la pronuncia del giudice di merito per aver riconosciuto il diritto al risarcimento senza, però, aver svolto alcun accertamento sull'esistenza del danno e sul nesso di causalità tra il trattamento dei dati personali e il danno subito. Tesi che la sentenza di Cassazione ha respinto muovendo dal principio giurisprudenziale secondo cui il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale articolo 2059 del codice civile «Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge» sussiste nel caso in cui la lesione sia grave (e cioè superi la soglia minima di tollerabilità, imposta dai doveri di solidarietà sociale) e che il danno non sia futile (vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi ). Condizioni che in questo caso il Tribunale capitolino ha accertato essere sussistenti «la diffusione di dati giudiziari [ha] senza alcun dubbio […] provocato nel ricorrente un forte segno di turbamento e vergona».
Il che - argomenta la Cassazione - sarebbe stato scongiurato se l'Agenzia delle dogane avesse adottato le opportune cautele volte a prevenire la conoscibilità dei dati (come, l'inoltro del provvedimento di trasferimento in plico chiuso, ovvero l'utilizzo di un protocollo riservato).

Indirizzo giurisprudenziale
La pronuncia conferma l'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale il danno non patrimoniale previsto dall'articolo 15 del Codice:
• non si può identificare nell'illecito trattamento dei dati personali, ma occorre che si concretizzi in un pregiudizio della sfera non patrimoniale di interessi del danneggiato, fermo restando che questi si deve limitare a provare l'evento di danno e il nesso di causalità tra l'attività ed esso (Cassazione, Sezione VI, sentenza n. 18812/2014);
• soggiace alla verifica di “gravità della lesione” (concernente il diritto fondamentale alla protezione dei dati personali) e di “serietà del danno” (quale perdita di natura personale effettivamente patita dall'interessato), che si richiede in nelle ipotesi di pregiudizio inferto ai diritti inviolabili previsti dalla Costituzione (Cassazione, Sezione III, sentenza n. 16133/2014).

L'ordinanza della Corte di cassazione n. 14242/2018

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