Personale

Niente danno erariale se l’avvocato civico devolve parte dell’ononario al personale amministrativo

di Vincenzo Giannotti

L'avvocatura civica «dribbla» i rilievi della Procura contabile e del ministero dell’Economia e delle Finanze sul danno erariale per illegittimità di un regolamento di un ente locale che aveva previsto la devoluzioni di parte dei compensi dei propri avvocati interni al personale amministrativo, nonché per il pagamento di un compenso per lo svolgimento di arbitro in un procedimento secondo quanto stabilito dall’articolo 814 del codice di procedura civile. In un primo momento, il Mef aveva giudicato illegittime le erogazioni disposte e, successivamente, la Procura contabile aveva rinviato a giudizio di conto il coordinatore dell'avvocatura (insieme al segretario generale) per la prima posta di danno, e gli avvocati civici sia per la liquidazione degli importi al personale amministrativo sia per la liquidazione del compenso all'avvocato nominato arbitro. La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale della Puglia, con la sentenza n. 615/2018, ha giudicato destituiti di fondamento i rilievi della Procura.

Sui compensi al personale amministrativo
Il regolamento, a firma del responsabile dell'avvocatura interna e del segretario generale, disciplina la possibilità che fino al 20% dell'onorario previsto per l'avvocato possa essere devoluto, su espressa richiesta del professionista stesso, a un collaboratore amministrativo per l'espletamento di incombenze per le quali non era richiesta espressamente l'opera di un professionista. La relazione sulla verifica amministrativo-contabile, effettuata dal dirigente dei servizi ispettivi di finanza pubblica, ha giudicato illegittima la liquidazione disposta dagli avvocati, a valere sui loro compensi professionali, al personale amministrativo. Questi rilievi erano risultati sufficienti alla Procura contabile per il rinvio a giudizio sia dei dipendenti che avevano stilato il regolamento sia per gli avvocati che ne avevano liquidato i compensi. Secondo al Procura contabile, infatti, l'erogazione al di fuori del perimetro contrattuale avrebbe sottratto compensi dovuti in via esclusiva al professionista avvocato, in palese violazione delle disposizioni che prevedono l'inderogabilità dei diritti che derivano dal rapporto di lavoro. Infatti, le rinunzie e le transazioni sui diritti del prestatore di lavoro sono nulle in base all’articolo 2113 del codice civile se non sono rese nell'ambito dei procedimenti previsti dallo stesso articolo 2113 e, a ogni buon conto, non possono essere soggetti a rinuncia gli obblighi previdenziali e assistenziali.
Di diverso avviso il collegio contabile secondo cui, nel caso di specie, mancherebbe l'attualità del danno. Infatti, posto che l'ente avrebbe dovuto comunque erogare a favore degli avvocati interni, la circostanza che una parte dell’importo sia stato liquidato a un diverso dipendente del settore dell’avvocatura non determina alcun danno finanziario concreto e attuale per l'Amministrazione stessa, di qui l'inammissibilità della domanda della Procura.

Sui compensi per gli arbitri
Sull'altra posta di danno erariale, avendo restituito gli importi percepiti, gli avvocati convenuti hanno chiesto la dichiarazione di mancanza dell'interesse da parte della Procura. Il collegio contabile, pur prendendo atto della restituzione delle somme, evidenzia che la nomina di un arbitro esterno avrebbe in ogni caso determinato un esborso più elevato per l'ente. Nel caso di specie, l'ordinanza dell'ente che decide sul ricorso degli arbitri, in ordine al compenso loro spettante, ha infatti natura giurisdizionale ed è pertanto idonea a far ritenere che spettino ai legali dell'ente i compensi erogati per l'attività prestata nell'ambito del procedimento disciplinato dall’articolo 814 del codice di procedura civile. Sulla natura giurisdizionale del provvedimento di liquidazione dei compensi si è già espressa la Suprema Corte a Sezioni unite nella sentenza n. 25045/2016 dove ha affermato che «il procedimento speciale previsto dall'art. 814 c.p.c., quale via alternativa al processo ordinario, necessariamente effettua un accertamento che coinvolge diritti avendone la medesima natura giurisdizionale. Tale natura del resto non potrebbe essere negata in ragione delle forme semplificate che lo contraddistinguono, poiché l'utilizzo di procedimenti sommari non esclude la loro funzione di risolvere una controversia tra parti contrapposte».

La sentenza della Corte dei conti Puglia n. 615/2018

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