Personale

L'assegno ad personam va riassorbito negli incrementi economici

di Carmelo Battaglia e Domenico D'Agostino

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, con sentenza n. 24122 dello scorso 3 ottobre, ha confermato che, nel passaggio di un dipendente fra Amministrazioni dello Stato, l’assegno ad personam, attribuito al fine di rispettare il divieto di reformatio in peius del trattamento economico acquisito, è destinato ad essere riassorbito negli incrementi del trattamento economico complessivo riconosciuti dell’Amministrazione cessionaria al dipendente.

Il fatto
Nel caso in esame, in riforma della sentenza di primo grado, la Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 2651/2013 del 15.07.2013, aveva accolto la domanda di una dipendente del Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica transitata al Ministero dell’Istruzione, condannando quest’ultimo a corrispondere alla stessa le somme decurtatele in esecuzione del provvedimento, con efficacia retroattiva, con cui, a distanza di otto anni dall’avvenuto passaggio, aveva disposto la riassorbibilità del suo assegno ad personam pensionabile, che, in origine, le era stato riconosciuto come non rivalutabile e non riassorbibile e, quindi, cumulabile con i successivi aumenti retributivi. A parere della Corte d’Appello, infatti, trattandosi di un caso di mobilità fra Amministrazioni appartenenti all’organizzazione burocratica dello Stato, andava applicata la regola della non riassorbibilità, così come previsto dall’art. 3, comma 58, della Legge n. 537/1993, che, modificando l’articolo 202 del Dpr n. 3/1957, prevede una disciplina speciale nei passaggi di carriera fra Amministrazioni tutte statali, per cui “...al personale con stipendio o retribuzione pensionabile superiore a quello spettante nella nuova posizione, è attribuito un assegno pensionabile non riassorbibile”.
Il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca ha proposto ricorso per Cassazione contestando l’applicazione del criterio di non riassorbibilità dell’assegno personale da parte della Corte territoriale e richiamando la giurisprudenza di legittimità, la quale afferma che, in assenza di norme speciali, nel caso di passaggio da un’Amministrazione a un’altra vige il principio generale del riassorbimento degli assegni ad personam in occasione dei miglioramenti d’inquadramento e di trattamento economico riconosciuti per effetto del trasferimento. Ciò in quanto, nella fattispecie controversa, trova applicazione non la Legge n. 537/1993, bensì i principi generali, in tema di mobilità, introdotti con il Dlgs n.165/2001, primo fra tutti quello della parità di trattamento tra dipendenti provenienti da Amministrazioni diverse, cristallizzato nell’articolo 45, e quello sancito all’articolo 30, che riconduce all’istituto della cessione del contratto il passaggio di personale fra Enti, stabilendo che, nei confronti del dipendente trasferito, debba trovare applicazione il trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto dai contratti collettivi del comparto dell’Amministrazione cessionaria.

Il diritto
La Cassazione ha ritenuto la censura fondata, precisando che il problema relativo alla norma applicabile può dirsi definitivamente superata in seguito all’entrata in vigore dell’articolo 16, comma 1, lettera a), della Legge n. 246/2005, che ha aggiunto il comma 2 quinquies all’articolo 30 del Dlgs n. 165/2001, sostituendo l’espressione atecnica “passaggio diretto”, contenuta nell’originario comma 1, con l’espressione “cessione del contratto di lavoro”. La stessa giurisprudenza della Cassazione ha determinato il consolidamento del principio di diritto, adottabile in tutti i casi di mobilità volontaria fra Enti pubblici, in base al quale, per i dipendenti pubblici, l’applicabilità della regola civilista secondo cui il passaggio da un datore di lavoro all’altro comporta l’inserimento del dipendente in una diversa realtà organizzativa e in un mutato contesto di regole normative e retributive, con applicazione del trattamento in atto presso il nuovo datore di lavoro (articolo 2112 Cc), è confermata dall’art. 30 del D.lgs. n. 165/2001, che, nel testo risultante dalla modifica apportata dal citato art. 16 della Legge n. 246/2005, riconduce in maniera espressa il passaggio diretto di personale da Amministrazioni diverse alla fattispecie di “cessione del contratto” (articolo 1406 Cc), stabilendo la regola generale dell’applicazione del trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi del comparto dell’Amministrazione cessionaria, non giustificandosi diversità di trattamento, salvi gli assegni ad personam, tra dipendenti dello stesso Ente, a seconda della provenienza. Tale regola comporta che i suddetti assegni siano destinati ad essere riassorbiti negli incrementi del trattamento economico complessivo spettante ai dipendenti dell’Amministrazione cessionaria. (Cass. n.18299/2017 e n. 169/2017).
Altresì, detto riassorbimento deve operare in riferimento ai miglioramenti del trattamento economico complessivo dei dipendenti dell’Amministrazione di arrivo e non con riferimento alle singole voci che compongono tale trattamento economico, in conformità al principio, di cui all’art. 36 della Costituzione, come costantemente interpretato dalla giurisprudenza costituzionale, in base il criterio della “proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione va riferito non già alle sue singole componenti, ma alla globalità di essa”.

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