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Blocco degli stipendi, «sacrificio» a tutela delle finanze pubbliche

di Gianni La Banca

Il blocco degli stipendi è mirato ad un risparmio di spesa che opera riguardo a tutto il comparto del pubblico impiego, in una dimensione solidaristica e per un periodo di tempo limitato, che comprende più anni in considerazione della programmazione pluriennale delle politiche di bilancio. Così ha affermato il Tar Basilicata, Potenza, con la sentenza n. 650/2018.

La ricostruzione dei fatti
Il trattamento economico dei docenti universitari inquadrati nel ruolo dei professori di prima e di seconda fascia, o in quello dei ricercatori, si sviluppa secondo una progressione temporale per classi e scatti stipendiali, come previsto dagli artt. 36 e 38 del Dpr 11 luglio 1980, con adeguamento automatico delle retribuzioni al costo della vita e ai fenomeni inflazionistici.
Su tale disciplina ha spiegato effetti l’articolo 9, n. 21, Dl 78/2010, che ha introdotto il cd “blocco” pluriennale ( 2011-2013, successivamente prorogato fino al 2015 ) del meccanismo di adeguamento retributivo; inoltre, tale periodo di blocco non è utile ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti, mentre le progressioni di carriera hanno effetti esclusivamente giuridici.

La legittimità del «blocco stipendiale»
Il legislatore può emanare disposizioni che modifichino in senso sfavorevole la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti, sempre che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto.
Il blocco stipendiale per gli anni 2011-2015 persegue l’obiettivo di un risparmio di spesa, che opera riguardo a tutto il comparto del pubblico impiego, in una dimensione solidaristica, sia pure con le differenziazioni rese necessarie dai diversi statuti professionali delle categorie che vi appartengono.
Proprio il carattere eccezionale, non arbitrario, nonché temporalmente limitato, dei sacrifici richiesti, oltre alla sussistenza di esigenze di contenimento della spesa pubblica, rendono ragionevole e legittima la scelta del legislatore.
In tale ottica, convergono anche il riferimento all’orizzonte temporale, certamente limitato, ma di portata pluriennale, in coerenza con la programmazione delle politiche di bilancio, e l’aver comunque considerato l’intervenuta prima proroga dei trattamenti retributivi rispetto all’iniziale triennio.
Salvo che per il profilo inerente la libertà sindacale, riferibile come tale solo alle categorie di dipendenti pubblici contrattualizzati,  è ragionevole il “sacrificio” di carattere economico imposto al pubblico impiego, anche se oggetto delle ulteriori proroghe, essendo diretto alla tutela delle finanze pubbliche, avente necessariamente un orizzonte pluriennale superiore ad un singolo esercizio finanziario, valorizzando in ottica di bilanciamento, e quindi nell'ambito del sindacato sulla ragionevolezza della scelta legislativa, il principio di "equilibrio di bilancio" ex art. 81 della Costituzione.

Gli scatti stipendiali
Dall’analisi della normativa, non emerge una ratio legis in forza della quale gli scatti stipendiali relativi al quinquennio 2011/2015 possano essere utili per la maturazione degli scatti successivi al periodo di blocco, né come la maggiore retribuzione corrispondente alla invocata rilevanza, nel periodo successivo al 2015, degli scatti congelati nel quinquennio, possa essere considerata ai fini previdenziali e pensionistici.
Il trattamento economico corrispondente agli scatti stipendiali che avrebbero dovuto maturare nel periodo 2011/2015 e che invece sono stati bloccati ex lege, non essendo entrato a far parte della base retributiva e contributiva dei ricorrenti, non può entrare nel calcolo della base pensionabile o rilevare ai fini della maturazione degli scatti successivi al blocco.

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