Personale

Per il riconoscimento della reggenza di un ufficio dirigenziale serve il posto in pianta organica

di Daniela Casciola

Non è l'uso del termine «reggenza» nel contesto del provvedimento del dirigente generale che consente di ritenere istituito un posto dirigenziale in pianta organica da cui far derivare il carattere dirigenziale delle funzioni del dipendente. E se non c'è una posizione dirigenziale da ricoprire, è escluso in radice che allo svolgimento delle relative funzioni possa essere riconosciuta la natura dirigenziale. Lo ha deciso la Corte di cassazione con la sentenza n. 27669, depositata ieri, sul caso di un dipendente dell'Inpdap.

La Corte è partita da un proprio precedente espresso con la sentenza n. 350 del 2018 secondo cui, in tema di impiego pubblico contrattualizzato, l'espletamento di fatto di mansioni dirigenziali da parte di un funzionario, ai fini del riconoscimento de corrispondente trattamento economico, presuppone l'esistenza del corrispondente posto nella pianta organica dell'ufficio (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 16 febbraio).

Alla luce di questo principio, la qualificazione della funzione attribuita in termini di «reggenza» non può dipendere dall'eventuale uso di questo termine nel contesto de provvedimento organizzativo adottato dal dirigente generale d'area. La reggenza di un ufficio dirigenziale presuppone l'istituzione di un ufficio con quella natura, poiché la reggenza è un modo temporaneo di assicurare la funzionalità di una struttura dirigenziale priva del titolare e presuppone l'esistenza del posto corrispondente nella piante organica.
La Corte ha specificato, inoltre, che nel nostro sistema, il dirigente generale di area non ha il potere di istituire posti dirigenziali in pianta organica, essendo questo potere rimesso ai vertici dell'ente.

La sentenza della Corte di cassazione n. 27669/2018

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