Personale

Sulle assunzioni di dirigenti esterni decide il giudice amministrativo

di Andrea Alberto Moramarco

È il giudice amministrativo a dover decidere sulle controversie in cui si contesti la scelta dell'amministrazione di rivolgersi all'esterno per la copertura di incarichi dirigenziali, nonostante la presenza all'interno della stessa amministrazione di professionalità idonee allo svolgimento delle funzioni ricercate. Si tratta, infatti, di atti discrezionali «a monte», che attengono alla stessa organizzazione e alle modalità di soddisfare il fabbisogno di risorse umane dell'ente. Lo afferma la Cassazione nella sentenza n. 29080 delle Sezioni unite, depositata ieri.

La questione
La vicenda all'origine della decisione della Suprema corte riguarda la scelta della Regione Lazio di affidare alcuni incarichi di direzione di aree e uffici dirigenziali a soggetti esterni all'amministrazione. Decisione che veniva però contestata dalla Direr (Associazione dei dirigenti e dei quadri direttivi delle regioni italiane), sezione del Lazio, nonché da ben ventinove funzionari regionali, che impugnavano dinanzi al Tar gli avvisi di ricerca del personale e i provvedimenti di conferimento dei relativi incarichi. A fondamento del ricorso, associazione e funzionari hanno sottolineato il vizio di eccesso di potere degli atti della Regione, oltre la violazione dell'articolo 97 della Costituzione. In sostanza, costoro ritenevano che l'Amministrazione regionale avrebbe dovuto rivolgersi alle professionalità già al suo interno, anziché esternalizzare.
Il Tar ha accolto il ricorso ritenendo che la Regione Lazio aveva sostanzialmente violato le norme in tema di reclutamento dei dirigenti esterni, ovvero la percentuale dell'8% rispetto alla dotazione organica, oltre a non aver effettuato in precedenza un'adeguata programmazione del fabbisogno, quale atto propedeutico e preliminare a procedure di reclutamento del personale. Prima ancora, però, gli stessi giudici amministrativi avevano affermato la propria giurisdizione ritenendo che la scelta dell'amministrazione di rivolgersi all'esterno per la copertura di incarichi dirigenziali, nonostante l'esistenza al suo interno di professionalità idonee allo svolgimento dei compiti, rientrasse negli «atti di macro-organizzazione, rispetto ai quali i ricorrenti vantano una posizione di interesse legittimo alla correttezza della procedura di adozione degli stessi».
La questione della giurisdizione è diventata dirimente poi in appello dinanzi al Consiglio di Stato. I giudici di Palazzo Spada non concordano con i colleghi del Tar, ritenendo mancare nel caso di specie l'elemento che consente di fondare la giurisdizione amministrativa, ovvero il carattere concorsuale della procedura. Si tratta, infatti, di scelte discrezionali, senza alcuna graduatoria o valutazione comparativa di candidati; il che fondava la giurisdizione del giudice ordinario.

La giurisdizione sugli atti «a monte»
La questione è arrivata così dinanzi alle Sezioni unite della Cassazione, chiamate a risolvere l'annoso enigma della giurisdizione in tema di pubblico impiego. I giudici della Suprema corte hanno colto così l'occasione per chiarire alcuni aspetti problematici del tema e forniscono, attraverso una lucida e articolata disamina, i criteri per distinguere le ipotesi in cui si incardina la giurisdizione amministrativa e quelle in cui a decidere è il giudice ordinario. Quanto allo specifico tema degli «atti a monte» della costituzione di rapporti di lavoro con dirigenti esterni, il Collegio ha precisato che per fondare la giurisdizione amministrativa carattere dirimente assume il rilievo della scelta discrezionale operata dall'Amministrazione e il relativo controllo giurisdizionale sulla legittimità della scelta, cui corrisponde una posizione di interesse legittimo per gli interessati. In sintesi, contro la valutazione del Consiglio di Stato, le Sezioni unite hanno affermato che «la decisione dell'amministrazione di ricercare all'esterno, piuttosto che nella sua dotazione organica, professionalità idonee a ricoprire incarichi dirigenziali è frutto di un'opzione, all'esito di una valutazione che è tipicamente discrezionale, inerendo al potere dell'ente di autorganizzazione», attraverso atti che riguardano «una fase prodromica alla costituzione di un rapporto di lavoro».

La sentenza della Corte di cassazione n. 29080/2018

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©