Personale

Il turnover-Italia e la trappola delle competenze

La spinta ai pensionamenti contenuta nella manovra allarga il turn over sia nel settore privato sia in quello pubblico. Nel primo le assunzioni dipendono dalla congiuntura e dalla fiducia degli operatori economici.

Molte analisi evidenziano come il nostro mercato del lavoro soffra di un grave paradosso, soprattutto oggi in un contesto di continue trasformazioni nei processi produttivi che mettono in crisi i già deboli sistemi formativi italiani. Ai divari di genere, generazionali e geografici, si aggiunge oggi il “paradosso delle competenze”. L’incrocio difficile tra domanda e offerta vede, in una forte polarizzazione tra lavori ad alta e a bassa competenza, una domanda delle imprese di profili qualificati che non trova un’offerta adeguata per numero e qualità.

Cosa sta accadendo? Il mercato del lavoro sta affrontando una delle più importanti trasformazioni della storia con il massimo dell’inadeguatezza, normativa (si veda il decreto dignità) e organizzativa, ma soprattutto delle strutture formative. Che sono oggi le uniche istituzioni che possono offrire una risposta efficace alla rapida obsolescenza delle competenze.

Tutto ciò può avere riflessi sul mercato del lavoro, in particolare del settore pubblico? I due mercati del lavoro, privato e pubblico, si influenzano tra loro, in termini sia di attrattività sia di salari. È noto che il settore pubblico soprattutto al Sud ha svolto il ruolo di ammortizzatore sociale come datore di lavoro di ultima istanza. Lsu, le graduatorie infinite, le stabilizzazioni, le partecipate sono stati esempi di reclutamento volti ad assorbire la disoccupazione giovanile che non trovava sbocchi nel mercato privato. Perché? Spesso a causa di una formazione generica che rendeva molte di queste professionalità non occupabili e non richieste. Giovani con alte aspettative connesse a un titolo di studio elevato ma inadeguato. Tutto questo ha gonfiato gli apparati pubblici di personale inutile, mal utilizzato, e ha penalizzato l’immagine della Pa generando meccanismi di selezione avversa.

Il Governo prevede ora numerose assunzioni, e ciò è positivo. Ma non basta rimpiazzare banalmente il personale cessato. Sapranno le Pa agire in maniera responsabile, assumendo chi serve e servirà?

Non sempre le Pa hanno utilizzato al meglio la propria autonomia, anzi. Soprattutto quando si è trattato di assumere. Occorrono “spinte” anche poco gentili per evitare l’ennesimo spreco di opportunità. Occorre aiutare lo svolgimento di concorsi nuovi, efficienti e orientati ai servizi. Servono norme che condizionino le assunzioni a determinati obiettivi, e un piano di assistenza e centralizzazione delle procedure di reclutamento. Molte amministrazioni non hanno mai gestito un concorso o non lo fanno da anni, date le tante stabilizzazioni.

Nella dinamica tra i due mercati del lavoro sta emergendo ancora una volta la tentazione di risolvere il problema del mismatch tra domanda e offerta con un ingresso massivo nella Pa. Ma non si tratta solo di abbassare l’età dei dipendenti pubblici. Non si può ogni volta scoprire la mancanza di personale qualificato quando non vengono esercitate alcune funzioni (tecnici dei comuni, medici, addetti ai bandi e finanziamenti Ue o ai centri per l’impiego, eccetera) e in occasione di tragedie. Non basta il personale, come insegnano i buchi nei servizi per il lavoro o nella cura del territorio al Sud dove certo non sono mancate le assunzioni. Servono professionalità.

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