Personale

Il mancato scorrimento delle graduatorie vigenti deve essere motivato

di Carmelo Battaglia e Domenico D'Agostino

Il Tar Lazio, sezione Terza-bis, con sentenza n. 10862/2018, ha ricordato che lo scorrimento di una graduatoria preesistente ed efficace rappresenta la regola generale, mentre l’indizione di un nuovo concorso costituisce l’eccezione e richiede un’apposita e approfondita motivazione, che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico (Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, n. 14/2011).

Il fatto
Nel caso in esame, il ricorso presentato al Tar era finalizzato all’annullamento della deliberazione del Consiglio Direttivo dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, con la quale era stato deciso di bandire dei concorsi per l’assunzione di 49 ricercatori di III livello professionale, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, e del successivo bando di concorso, per titoli ed esami, per la copertura dei primi 10 posti. Motivo dell’impugnazione era il mancato scorrimento della graduatoria vigente, di cui al precedente bando di concorso, nella quale i ricorrenti erano collocati.

Le considerazioni della Corte
La Sezione ha ritenuto il ricorso meritevole di accoglimento, poiché gli atti indittivi del gravato concorso confliggevano con l’articolo 1, comma 3, del Decreto Miur n. 105/2016, il quale stabilisce che la copertura dei posti debba avvenire utilizzando le graduatorie vigenti, relative alle procedure attuate ai sensi del medesimo decreto ministeriale, e che l’eccezionalità dell’indizione di un nuovo concorso necessiti di specifica motivazione.
Il Collegio ha rammentato che l’articolo 3, comma 87, Legge n. 244/2007 (Legge finanziaria 2008), che ha aggiunto il comma 5 ter all’articolo 35, Dlgs 165/2001, ha stabilito che le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione, con riferimento, indistintamente, “a tutte” le Pubbliche Amministrazioni.
La stessa Sezione, in una precedente pronuncia, aveva precisato che detta norma era, indubbiamente, finalizzata a favorire, ove possibile, lo scorrimento delle graduatorie, con il solo limite, quanto agli idonei, del rispetto del criterio di equivalenza delle professionalità necessarie per l’Ente e presenti nelle graduatorie ancora valide, ove per “equivalenza” non si intende l’identità perfetta e assoluta tra le professionalità in comparazione tra di loro.
Pertanto, ai fini della legittimità della scelta di indire nuovi concorsi pubblici, la Pubblica Amministrazione è tenuta a fornire un’adeguata motivazione, inerente l’effettiva carenza di professionalità equivalenti nell’ambito delle graduatorie concorsuali ancora valide.
Il Collegio ha evidenziato che il presupposto fondamentale cui è ancorata l’applicazione dell’istituto dello scorrimento è costituito dalla presenza di idonei collocati nelle graduatorie vigenti dell’Amministrazione e che tale principio è, ormai, consolidato nella giurisprudenza, per la quale nel pubblico impiego, in presenza di graduatorie concorsuali valide ed efficaci, l’Amministrazione che decide di provvedere alla copertura dei posti vacanti, deve motivare la propria scelta sulle modalità di reclutamento del personale. In sostanza, sebbene l’Amministrazione non abbia l’obbligo di preferire lo scorrimento all’indizione di un nuovo concorso, tuttavia, in quest’ultimo caso, la scelta deve essere adeguatamente motivata, specie nel caso specifico in cui il Dm 163/2018, avente ad oggetto l’assunzione di ricercatori e tecnologi negli Enti Pubblici di ricerca, ha espressamente previsto la possibilità che le assunzioni in questione possano “..essere effettuate, oltre che con le ordinarie procedure di selezione, utilizzando delle graduatorie vigenti..”.
Nel caso sottoposto all’esame della Corte, la scelta di procedere all’indizione di un nuovo concorso, invece di utilizzare le graduatorie esistenti, non risultava sorretta da alcun corredo motivazionale, ad eccezione di quello offerto in sede di giudizio, in violazione del pacifico orientamento giurisprudenziale, il quale prevede che la motivazione del provvedimento amministrativo non possa essere integrata nel corso del giudizio, dovendo la stessa “precedere e non seguire ogni provvedimento amministrativo, individuando con ciò il fondamento dell’illegittimità della motivazione postuma nella tutela del buon andamento amministrativo e nell’esigenza di delimitazione del controllo giudiziario”.

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