Personale

Abuso di contratti a termine, per il danno si presume comunque un indennizzo fino a 12 mensilità

di Paola Rossi

La Pa che reitera, senza le dovute giustificazioni, contratti a termine è tenuta comunque a corrispondere un'indennità oscillante tra 2,5 fino a un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione. Una quantificazione di legge (la disciplina dei contratti a termine, appunto, e non quella sui licenziamenti) a fronte del comportamento del datore di lavoro pubblico che ha concluso contratti a termine nulli perché destinati allo svolgimento di mansioni ordinarie e non temporanee o emergenziali. E, come ribadisce la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 31349 depositata oggi, tale ristoro è dovuto senza onere da parte del lavoratore ingiustamente precarizzato di dimostrare il danno subito, che nella misura fissata dalla legge 183/2010, è presunto. Scatta cioè il «danno comunitario», cosiddetto in quanto è di derivazione Ue tanto la norma quanto la giurisprudenza che lo hanno codificato a garanzia dell'«effettività della tutela» contro l'abusivo ricorso ai contratti a termine nel pubblico impiego dove, a fronte del divieto di conversione del rapporto di lavoro nella forma a tempo indeterminato, si agevola almeno l'onere probatorio del danno subito.

La norma che andava applicata - come indica la Cassazione - è l’articolo 32 del Collegato lavoro che prevede un’indennità «onnicomprensiva» e non l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che tutela e ristora il lavoratore vittima di licenziamento e non di precarizzazione. La sentenza di merito - che andrà ora riformata secondo le indicazioni della Corte di legittimità - aveva, infatti assunto a base del calcolo del risarcimento dovuto a norma del comma 5 dell’articolo 36 del testo unico del pubblico impiego (Dlgs 165/2001) proprio la previsione del quantum stabilito dalla legge in caso di licenziamento illegittimo: 5 mensilità minimo e ulteriori 15 in caso di mancata reintegrazione nel posto di lavoro.

Nel caso specifico, proprio su tale base normativa i giudici di merito, dopo aver dichiarato la nullità dei contratti a termine, avevano stabilito come risarcimento del danno patito dal lavoratore la corresponsione di 20 mensilità.
E se è vero che, in base al quadro normativo applicabile indicato dalla Cassazione, il lavoratore illegittimamente precario nel pubblico impiego percepirà al massimo solo un anno di retribuzione a fronte del maggior tetto di 20 mensilità nel settore privato è anche vero che è incongruo applicare la disciplina risarcitoria del licenziamento illegittimo piuttosto che la norma omogenea dell’indennizzo contro la nullità dei contratti a termine (cioè il collegato lavoro). Per la Cassazione ciò non determina una discriminazione tra impiego privato e impiego pubblico contrattualizzato: nel primo ambito - a fronte della possibilità della trasformazione del contratto - il lavoratore ottiene solo l’indennizzo forfetizzato a titolo di rsarcimento, mentre nel secondo ambito il dipendente pubblico ’temporaneo’ è sollevato dall’onere probatorio del danno subito (quello comunitario, cioè presunto) e salva la prova del maggior pregiudizio patito.

L’ordinanza della Corte di cassazione n. 31349/2018

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