Personale

Incarichi a contratto, la Cassazione conferma l’obbligo di pubblicazione in Gazzetta

di Vincenzo Giannotti

Obbligo di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale delle assunzioni del personale in base all’articolo 110 del Teul, sia se la competenza è devoluta al giudice amministrativo, qualora la selezione dovesse rispettare le regole del concorso pubblico, ad esempio in presenza della nomina di una commissione, nell'attribuzione di punteggi o nella formazione di una graduatoria (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 21 settembre), sia qualora la stessa dovesse essere devoluta al giudice ordinario, in quanto non rispettosa delle regole del concorso pubblico. Queste ultime conclusioni sono contenute nella sentenza n. 53180/2018 della Cassazione penale.

La posizione dei giudici e quella della difesa
Sia il tribunale di primo grado sia successivamente la Corte d’appello hanno condannato, per abuso di ufficio (articolo 323 del codice penale), il dirigente finanziario e alcuni membri della giunta comunale per l'assunzione di un funzionario apicale in base all’articolo 110 del Tuel. Secondo i giudici penali si sarebbe in presenza di una violazione dell'articolo 4, comma 1-bis, del Dpr 487/1994, per mancata pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'avviso contenente gli estremi del bando, oltre che violazione dell'articolo 124, comma 1, del Dlgs 267/2000 per mancata affissione dell'avviso nell'albo pretorio per un periodo non inferiore ai prescritti 15 giorni.
Di diverso avviso i ricorrenti che hanno impugnato in Cassazione la sentenza dei giudici di appello. A loro dire, vi sarebbe un errore di fondo nella motivazioni della sentenza, in quanto la giurisprudenza amministrativa ha escluso la riferibilità agli enti locali territoriali della disciplina del Dpr 487/1994, applicabile soltanto ai concorsi pubblici, sicché nessun obbligo di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale sussisteva nel caso di specie, la cui omissione, pertanto, non integra la fattispecie di reato ascritta, mentre la sanzionata pubblicazione nell'albo pretorio, perché inferiore nella durata a quanto prescritto dall'articolo 124 del Dlgs 267/2000, è essenzialmente dovuta alla scadenza della presentazione delle domande da parte dei candidati. D'altra parte lo stesso Dl 90/2014 prescrive esclusivamente una selezione che nulla ha a che vedere con il concorso pubblico.

Le indicazioni della Cassazione
In merito alle assunzioni effettuate secondo l’articolo 110 del Tuel, il Dl 90/2014 ha inserito la selezione pubblica quale medesimo adempimento previsto dall'articolo 35, comma 1, del Dlgs 165/2001. Ora precisa la Suprema corte, l'attività selettiva non è assimilabile a un concorso pubblico, funzionale all'assunzione di pubblici dipendenti, in quanto diretta soltanto a reperire il candidato più rispondente alle caratteristiche e alle esigenze dell'ente e alle mansioni da assegnare, senza la formazione di una graduatoria all'esito dell'attribuzione di un punteggio, in base ai titoli o ad altri criteri valutativi. Comunque non è stato seguito il procedimento mediante adozione di adempimenti sequenziali, diretti a garantire la pubblicità dell'avviso, la partecipazione di tutti i possibili aspiranti e lo scrutinio dei candidati fino a un giudizio finale di individuazione di quello ritenuto più idoneo. Pertanto, è da ritenersi corretta la sentenza che ha evidenziato il mancato rispetto sia delle prescrizioni sulla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell'avviso di selezione pubblica sia sul tempo minimo obbligatorio di pubblicazione all'albo pretorio per quindici giorni.
Per i giudici di Piazza Cavour, tuttavia, la semplice violazione di legge non conduce all'abuso di ufficio, non avendo la Corte di appello adeguatamente motivato l'intenzionalità della condotta del funzionario pubblico di voler procurare il vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto richiesto dalla norma penale. La mancanza della motivazioni induce, in conclusione, la Cassazione ad annullare la sentenza e rinviare ad altra sezione della Corte di appello per il nuovo esame.

La sentenza della Corte di cassazione penale n. 53180/2018

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