Personale

Al giudice ordinario le liti sulle mansioni superiori svolte dal dipendente pubblico

di Michele Nico

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario - e non di quello contabile - la controversia relativa allo svolgimento di mansioni superiori da parte del pubblico dipendente e al connesso trattamento economico, quando la domanda, anche se proposta dopo il collocamento in quiescenza, non sia finalizzata al mero ricalcolo della pensione, ma sia diretta all'accertamento del diritto alle maggiori spettanze retributive per effetto delle mansioni svolte. Questo il principio affermato dalla Corte di cassazione con l'ordinanza n. 29396/2018, in esito al regolamento di giurisdizione proposto dalla Corte dei conti della Sardegna per una causa insorta tra una dipendente in pensione e il ministero della Giustizia unitamente all'Inps.

Il fatto
L'ex dipendente aveva convenuto in giudizio gli enti per ottenere la condanna del Ministero a corrisponderle i maggiori emolumenti spettanti in relazione alle mansioni svolte e il versamento dei contributi dovuti per i maggiori introiti oltre alla condanna dell'Inps a ricostruire la posizione previdenziale e aggiornare il trattamento pensionistico.
Sulla controversia il tribunale di Roma ha declinato la propria giurisdizione in favore della Corte dei conti, motivando la pronuncia con il fatto che il ricorso punta a una condanna volta a ricostruire la posizione previdenziale del dipendente pubblico e ad aggiornare il trattamento pensionistico.

La decisione
La Cassazione ha capovolto la decisione osservando che nei rapporti tra le diverse giurisdizioni previste dall'ordinamento occorre innanzitutto considerare il «petitum sostanziale», e quindi in questo caso lo svolgimento di mansioni superiori, e non basarsi sull'effetto riflesso che la decisione del giudice potrà avere sulla riliquidazione del trattamento pensionistico (stante l'obbligo della pubblica amministrazione di versare maggiori contributi).
In esito all'istanza di regolamento il collegio esegue un'accurata ricognizione del riparto di competenze tra giudice ordinario e contabile, e rammenta che spettano in via esclusiva alla giurisdizione della Corte dei conti, in base agli articoli 13 e 62 del Rd 1214/1934, tutte le controversie concernenti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, comprese quelle per le quali si alleghi, a fondamento della pretesa, l'inadempimento o l'inesatto adempimento della prestazione pensionistica da parte dell'ente obbligato.
In questa prospettiva è competenza del giudice contabile la cognizione della domanda relativa all'anzianità contributiva e alla misura della pensione dei pubblici dipendenti e degli altri assegni che ne costituiscono parte integrante. L'esercizio della giurisdizione contabile tuttavia non può superare questi limiti. È invece compito del giudice ordinario decidere su una controversia che riguarda l'accertamento delle modalità di svolgimento del rapporto di lavoro e del diritto a un diverso trattamento economico, essendo irrilevante il fatto che la decisione esplichi effetti sul trattamento economico in godimento da parte del lavoratore in pensione.

L'orientamento della corte
Questa pronuncia segue una recente sentenza in materia con la quale la Suprema corte ha stabilito che la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti ricomprende «tutte le controversie nelle quali il rapporto pensionistico costituisca elemento identificativo del “petitum” sostanziale e, quindi, anche quelle funzionali alla pensione perché connesse al relativo diritto, come le controversie riguardanti l'accertamento delle somme necessarie, quali contributi volontari, per ottenere la pensione e quelle relative alla consequenziale domanda di ripetizione degli importi versati in eccedenza rispetto al dovuto» (Cassazione civile, sentenza n. 26252/2018). Si tratta, come ben si vede, di una pronuncia complementare a quella in esame da cui si può evincere la medesima ratio, ossia che il criterio di riparto tra le giurisdizioni va sempre individuato nello specifico oggetto e nella reale natura della controversia attivata dalla parte ricorrente.

L'ordinanza della Corte di cassazione n. 29396/2018

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