Personale

Il divieto di rimborso chilometrico per l’ente pubblico statale non si estende in automatico alle Regioni

di Andrea Alberto Moramarco

Le norme statali che impongono un contenimento della spesa pubblica e una riduzione dei costi degli apparati amministrativi non si applicano in via diretta alle Regioni, per le quali costituiscono soltanto disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica. Pertanto, il divieto di rimborso chilometrico stabilito per le amministrazioni statali ed enti pubblici non vale automaticamente per gli apparati regionali, potendo le Regioni rimodulare discrezionalmente le percentuali di rimborso restando entro il tetto massimo di spesa stabilito. Lo ha stabilito la Sezione lavoro della Cassazione nella sentenza n. 31881/2018.

La vicenda
Al centro della contesa ci sono le sorti della richiesta da parte di un operatore forestale della Regione Valle d'Aosta, di rimborso chilometrico per l'utilizzo del mezzo proprio per gli spostamenti compiuti nello svolgimento della sua attività lavorativa. La Regione non riconosceva il diritto in questione per via della presenza di una disposizione normativa statale, l'articolo 6, comma 12, del Dl 78/2010 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), che, nell'ambito di una generale riduzione dei costi degli apparati amministrativi, aveva di fatto soppresso le indennità chilometriche.
Per il dipendente pubblico, invece, così come per i giudici di merito, la disposizione invocata dalla Regione non porrebbe però un espresso divieto in tal senso, ma dovrebbe essere letta come una norma di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica. In particolare, secondo la Corte d'appello di Torino, la norma che vieta il rimborso chilometrico vale per le Regioni quale monito a non superare il limite del tetto massimo di spesa che le stesse sono tenute a conseguire, lasciando margini di discrezionalità all'autonomia regionale di rimodulare la percentuale di riduzione dei rimborsi chilometrici. La Valle d'Aosta pertanto non avrebbe potuto sospendere la misura, ma al più rimodularla «considerato che, per le particolari caratteristiche del territorio valdostano, l'utilizzo del mezzo proprio da parte degli operatori forestali si rivelava per la spesa pubblica meno gravoso rispetto all'utilizzo di altri mezzi di trasporto».
La Valle d'Aosta a questo punto decide di ricorrere in Cassazione sottolineando che la materia dei rimborsi chilometrici rientrerebbe fra quelle ricomprese nell'”ordinamento civile”, affidate quindi alla competenza esclusiva della legislazione statale, che non ammette deroghe da parte della legislazione regionale.

La decisione
I giudici di legittimità hanno bocciato però il ricorso confermando il verdetto di merito. La questione, sottolinea la Corte, riguarda i rapporti tra la potestà legislativa statale e quella regionale ed è fatto singolare che la controversia non origini da un atto legislativo regionale in contrasto con la legge statale, bensì dalla sua assenza. I giudici di legittimità hanno ricordato, innanzitutto, come sul tema sia intervenuta la Corte costituzionale, per la quale le norme statali volte a limitare la spesa relativa al personale di Stato, enti pubblici e società a partecipazione pubblica, norme cioè dirette al contenimento della spesa pubblica, sono espressione della competenza statale diretta alla determinazione dei principi fondamentali nella materia del «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», anche se si traducono, inevitabilmente e indirettamente, in limitazioni all'autonomia di spesa degli altri enti, lasciando loro ampia libertà di allocazione delle risorse tra i diversi ambiti di spesa.
L'articolo 6 del Dlgs 78/2010 si inserisce in questo contesto in quanto introduce «puntuali misure di riduzione parziale o totale di singole voci di spesa», ma lascia alle Regioni, così come agli enti territoriali, la libertà di scelta su come allocare le risorse. La norma non impone cioè «l'osservanza puntuale ed incondizionata dei singoli precetti di cui si compone». Pertanto, la Regione ben può, tenendo fermo il vincolo di risparmio, modulare discrezionalmente le percentuali di riduzione delle singoli voci di spesa, non derivando da tale norma come conseguenza il divieto per le Regioni di corrispondere le indennità chilometriche. La voce di spesa, poi, chiosa la Corte, non può essere disapplicata improvvisamente, non potendo la Valle d'Aosta, nella qualità di datore di lavoro, decidere di cessare di erogare l'indennità facendo meramente riferimento alla normativa statale invocata. L'improvvisa e ingiustificata sospensione della corresponsione dell'indennità, difatti, «si traduce nel mancato rispetto dei criteri generali di correttezza e buona fede (art. 1175 e 1375 cod. civ.) applicabili in questa sede alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all'art. 97 Cost.».

La sentenza della Corte di cassazione n. 31881/2018

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