Personale

Tetto massimo di 240.000 euro degli stipendi pubblici: deciderà la Corte Ue

di Francesco Machina Grifeo

Il Tar del Lazio, con l’ordinanza n. 11756/2018, ha rimesso alla Corte di giustizia Ue la questione della compatibilità del tetto massimo dei 240mila euro per le retribuzioni pubbliche, anche se cumulate con la pensione, prevista dalla legge di stabilità per il 2014.

La vertenza origina dal giudizio instaurato davanti al Tar nel 2014, da un ex ambasciatore con relativo trattamento pensionistico, oggi in servizio come magistrato della Corte dei conti (di nomina governativa), che aveva impugnato gli atti con i quali l'amministrazione gli aveva ridotto lo stipendio di magistrato proprio in applicazione della soglia prevista dalla legge di stabilità, posto che il cumulo dello stipendio e del trattamento pensionistico risultava superiore al tetto massimo imposto dalla legge.
Nel 2015 il Tar Lazio aveva sollevato la questione di costituzionalità per violazione del diritto ad una retribuzione «proporzionata alla quantità e qualità» del lavoro prestato, oltre alla disparità di trattamento. La Consulta però nel maggio 2017 ha dichiarato non fondata la questione alla luce dei vincoli di bilancio dello Stato e dell'adeguatezza del limite.

Spetterà ora alla Cgue affrontare nuovamente la questione della compatibilità con l'ordinamento euro-unitario, dell'articolo 1, comma 489, della legge n. 147 del 2013, a norma del quale le amministrazioni e gli enti pubblici compresi nell'elenco Istat di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009, non possono erogare trattamenti economici onnicomprensivi che, sommati al trattamento pensionistico, eccedano il limite fissato dall'articolo 23-ter, comma 1, del Dl n. 201 del 2011 convertito dalla legge n. 214 del 2011, limite che è costituito dall'importo annuo lordo riconosciuto al primo presidente della Corte di cassazione (oggi corrispondente alla cifra di euro 240.000 annui). Tra i profili dubbi sollevati dal Tar, la possibilità che il tetto si tramuti in un aiuto di Stato illegittimo nei casi in cui una amministrazione che svolga attività economica ricorra a personale necessariamente non retribuito o comunque retribuito meno. Non solo, l'interesse della Corte sovranazionale deriverebbe anche dalla possibilità – applicata nel caso dei dirigenti dei “super musei” – di ricorrere a personale comunitario.

In definitiva il Collegio chiede alla Corte di Lussemburgo se osti alla normativa comunitaria, e alla Cedu, l'articolo 1, comma 489, della legge 147/2013: a) nella misura in cui incoraggia le amministrazioni pubbliche italiane a preferire, nelle assunzioni o nel conferimento di incarichi, solo lavoratori già titolari di trattamento pensionistico erogato da enti previdenziali pubblici italiani; b) consente alle amministrazioni pubbliche italiane che svolgono attività economica di avvalersi della attività lavorativa di soggetti che abbiano consentito a rinunciare, in tutto o in parte, alla relativa retribuzione; c) ammette che un lavoratore possa esprimere validamente la rinuncia, totale o parziale, alla retribuzione, pur essendo tale rinuncia finalizzata esclusivamente a evitare la perdita della attività lavorativa; d) consente a un lavoratore di prestare attività lavorativa rinunciando in tutto o in parte al relativo compenso, anche se a fronte di tale rinuncia non sia previsto alcun mutamento dell'assetto lavorativo e quindi anche se si determina una significativa alterazione del sinallagma lavorativo; e) consente/impone di decurtare la retribuzione spettante al lavoratore in dipendenza del variare del massimale retributivo; f) impone di ridurre i compensi spettanti ai propri dipendenti e collaboratori che siano titolari di un trattamento pensionistico erogato da un ente previdenziale pubblico, penalizzando tali lavoratori per ragioni connesse alla disponibilità di altre entrate patrimoniali, così disincentivando il prolungamento della vita lavorativa, l'iniziativa economica privata e la creazione e la crescita dei patrimoni privati, che costituiscono comunque una ricchezza ed una risorsa per la nazione.

L’ordinanza del Tar Lazio n. 11756/2018

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©