Personale

Diritto di difesa garantito al dipendente licenziato se l'istruttoria continua dopo averlo ascoltato

di Vincenzo Giannotti

Il dipendente colpito da una misura disciplinare espulsiva non può addurre la nullità del procedimento disciplinare per mancata affissione del codice disciplinare o per violazione del proprio diritto a difesa nel caso in cui l'ente abbia continuato l'istruttoria, successivamente alla sua audizione, senza un nuovo contradditorio. La Cassazione (sentenza n. 264/2019) ha, infatti, giudicato irrilevante l'affissione o pubblicazione del codice disciplinare, trattandosi di violazione che nel licenziamento trascende il minimo etico rendendo inutile la conoscenza, da parte del dipendente, del codice disciplinare, né sussiste nell'ordinamento giuridico alcuna norma che vieti, al datore di lavoro pubblico, di poter effettuare, anche dopo l'audizione del dipendente a difesa, l'integrazione alla propria istruttoria.

La vicenda
A seguito della condanna penale del dipendente, un ente aveva aperto il procedimento disciplinare con successiva sanzione del licenziamento per giusta causa. A supporto della sua decisione, l'ente si rifaceva alle motivazioni contenute negli atti del procedimento penale. Contro il licenziamento il dipendente ha chiesto, al giudice del lavoro, di far dichiarare nulla la procedura per tre differenti motivi. Il primo per mancanza di una autonoma specificazione negli addebiti disciplinari, essendosi l'ente adagiato sulle sole motivazioni contenute nel procedimento penale. Il secondo motivo per l'omessa pubblicazione del codice disciplinare, considerata obbligatoria la sua pubblicazione. Infine, quale ultimo motivo, il dipendente ha evidenziato la violazione del principio del contraddittorio, per aver l'ente proceduto, con ulteriori indagini istruttorie, senza nuovamente sentirlo a propria discolpa prima dell'irrogazione della sanzione disciplinare espulsiva. Il Tribunale di primo grado e, successivamente, la Corte d’appello hanno rigettato i motivi di nullità richiesti dal dipendente, tanto che quest'ultimo è ricorso in Cassazione, proponendo le medesime motivazioni non accolte.

Le precisazioni della Cassazione
I giudici della Cassazione hanno confermato il rigetto considerando i motivi avanzati dal dipendente non fondati.
Riguardo alla mancata autonoma contestazione disciplinare, rispetto ai fatti rinvenuti nel procedimento penale, il giudice di legittimità ha rilevato come da tempo sia stata affermata la piena ammissibilità della contestazione per relationem mediante il richiamo agli atti del procedimento penale instaurato a carico del lavoratore per fatti e comportamenti rilevanti anche ai fini disciplinari. Infatti, quando le accuse formulate, in sede penale, siano a conoscenza dell'interessato, risultano rispettati anche i principi di correttezza e garanzia del contraddittorio (Cassazione nn. 10662/2014 e 29240/2017).
In merito alla omessa pubblicità del codice disciplinare, già il Tribunale di primo grado ha evidenziato come le condotte contestate al dipendente, aventi profili di illiceità penale e percepibili da qualunque cittadino, non rendano obbligatoria l'affissione e/o la pubblicazione del codice disciplinare in quanto si è in presenza di fatti contrari al cosiddetto minimo etico.
In merito, infine, alla violazione del contradditorio previsto nel procedimento disciplinare, precisa la Cassazione come il diritto di difesa del dipendente rappresenti un valore inerente ai diritti inviolabili della persona e contribuisca a dare concreto spessore anche all'imparzialità dell'amministrazione (articolo 97 della Costituzione) che, nell'esercizio della potestà sanzionatoria, deve porre l'incolpato in grado di far ascoltare e far valutare le proprie ragioni da chi è chiamato a decidere. In altri termini, il diritto di difesa si riferisce alla possibilità di esplicitare ogni ragione a discolpa e di provare l'infondatezza dell'addebito disponendo di termini adeguati per farlo. Nel caso di specie, ha evidenziato la Cassazione, il dipendente era stato regolarmente convocato e ascoltato a difesa, mentre il fatto che l'ente avesse disposto ulteriori accertamenti istruttori, senza riconvocarlo, non costituisce violazione delle garanzie difensive, non essendo questo ulteriore adempimento prescritto da alcuna norma regolativa del procedimento.

La sentenza della Corte di cassazione n. 264/2019

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