Personale

Un tatuaggio non può essere causa di esclusione automatica dal concorso

di Gianni La Banca

La presenza di un tatuaggio sulla cute di un aspirante a posizioni di pubblico impiego, anche di natura militare, non comporta, di per sè, l’esclusione dal concorso per inidoneità, essendo necessaria una specifica motivazione in merito da parte dell’Amministrazione, relativamente alla reale visibilità del tatuaggio stesso. Così ha affermato il Tar Lazio, Roma, sentenza n. 273/2019.

Il fatto

Un aspirante vice ispettore impugna il giudizio di “non idoneità al servizio di polizia”, reso nei suoi confronti dalla Commissione medica nominata per l’accertamento dei requisiti psico-fisici dei candidati al concorso pubblico per il conferimento di 320 posti di allievo vice ispettore del ruolo degli ispettori della Polizia di Stato, in relazione alla presenza di un “tatuaggio in zona non coperta dall’uniforme - regione mediale braccio sn (cm. 10 x 4)”.
La mera presenza di un tatuaggio sulla cute di un aspirante a pubblico impiego è, di per sé, circostanza irrilevante, che acquista una sua specifica valenza, ai fini dell’esclusione dal relativo concorso, soltanto nell’ambito degli ordinamenti militari e/o assimilati e solo quando il tatuaggio, per estensione, gravità o sede, determini una rilevante alterazione fisiognomica, tanto da determinare l’adozione di un giudizio di non idoneità al servizio.
Tuttavia, anche in tale ambito, la presenza di un tatuaggio non può costituire causa automatica di esclusione dal concorso, essendo necessario che tale alterazione acquisita della cute rivesta carattere “rilevante” e che sia idonea a compromettere il decoro della persona e dell’uniforme.
Sussiste in tal caso un particolare onere per l’amministrazione di specificare, con adeguata motivazione, le ragioni in base alle quali la presenza di un tatuaggio possa assurgere a causa di non idoneità all’arruolamento, avuto riguardo ai precisi parametri di valutazione indicati nella normativa di riferimento.

L’illegittimità del giudizio di non idoneità
Il giudizio di inidoneità diventa illegittimo, quanto meno sotto il profilo della carenza di motivazione, qualora sia impossibile percepire in forza di quali accertamenti sia stata rilevata la contestata visibilità del tatuaggio, anche considerando l’uniforme estiva, atteso che la stessa, notoriamente, non lascerebbe scoperta tutta la porzione del braccio indicata nell’accertamento ed oggetto del tatuaggio.
Non trova applicazione, pertanto, la specifica disposizione regolamentare (articolo 3, comma 2, tabella 1, punto 2, lett. b, Dm 198/2003), che attribuisce rilievo ai tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dall'uniforme, soprattutto qualora gli stessi, per la loro sede o natura, siano deturpanti o, per il loro contenuto, siano indice di personalità abnorme, quale causa di inidoneità al servizio nella polizia.
In tali ipotesi, la richiamata disposizione regolamentare non esime, comunque, l’amministrazione dal dover valutare in concreto la visibilità del tatuaggio che, per la giurisprudenza, deve presentare una certa evidenza, ovvero deve determinare l’impossibilità dello stesso ad essere coperto indossando la divisa.
L’Amministrazione, dunque, non può procedere all’automatica esclusione dal concorso ma deve specificamente motivare in che misura ed in virtù di quali accertamenti il tatuaggio risulta visibile e, dunque tale da determinare l’inidoneità al servizio di polizia.

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