Personale

Nasce il comparto bilanciato nel fondo Perseo Sirio

di Consuelo Ziggiotto

La previdenza complementare nel pubblico impiego ha ricevuto due importanti spinte nel passato più recente, volte a favorire un decollo più deciso del Fondo contrattuale Perseo Sirio. Le ragioni della partenza a rilento del fondo negoziale sono riconducibili a una molteplicità di aspetti che hanno riguardato non soltanto il ritardo con il quale è arrivato il tanto atteso rinnovo contrattuale ma anche a un ostacolo di natura giuridica che vedeva i lavoratori pubblici in condizioni di peggior favore rispetto ai lavoratori privati nelle regole della previdenza complementare. Alcune di queste profonde distinzioni erano generate da regole diverse in tema di deducibilità dei contributi e di tassazione delle prestazioni pensionistiche complementari, sulle quali è intervenuta la legge di bilancio del 2018.
È dal 2005, infatti, che si trascina quello che in diritto viene definita dicotomia delle fonti. Il Dlgs 252/2005 che ha modificato le norme in materia di previdenza complementare contenute nel precedente Dlgs 124/1993, non è potuto e non può tutt'ora interamente applicarsi ai lavoratori pubblici a causa della mancata armonizzazione.

La legge di bilancio 2018 e la mancata regolamentazione
La legge di bilancio 2018 è intervenuta parificando il trattamento fiscale tra pubblici e privati nella fase contributiva e in quella di erogazione della prestazione, prevendendo regole uniformi per tutti i lavoratori.
Il risultato è che a partire dal 1° gennaio 2018 il tetto massimo di deducibilità di contributi versati a forme di previdenza complementare è di 5.164,57 euro all'anno sia per i lavoratori pubblici che per i lavoratori privati. Prima di questo intervento il limite di deducibilità per i lavoratori pubblici era sempre più basso.
Inoltre, le pensioni complementari che verranno calcolate sui montanti accumulati a partire dal 1° gennaio 2018, godranno delle regole di tassazione contenute nel Dlgs 252/2005 anche se erogate ad un dipendente pubblico. Dalla tassazione progressiva a scaglioni, si è passati ad una ritenuta a titolo di imposta del 15% ridotta di 0,3 punti percentuali per ogni anno eccedente il 15°, fino ad un massimo di 6 punti percentuali di riduzione.
Altro sforzo compiuto dalla legge di bilancio 2018 è stato quello di demandare alle parti istitutive dei fondi di previdenza complementare la regolamentazione inerente alle modalità di espressione della volontà di adesione agli stessi, anche mediante forme di silenzio-assenso. La previsione avrebbe dovuto riguardare tutti i dipendenti in regime di Tfr assunti a partire dal 1° gennaio 2019, tuttavia, non si è ancora data regolamentazione al comma 156 della legge di bilancio e si resta pertanto in attesa di ricevere compiuta istruzione a quella che si rappresenta come una rivoluzione copernicana nelle modalità di accesso alla previdenza complementare che fino a nuove istruzioni, agisce con la sola espressione della volontà attraverso la sottoscrizione e compilazione del modulo di iscrizione al Fondo.

Il contratto nazionale
Il diritto all'informazione declinato all'articolo 73 del contratto del 21 maggio 2018 realizza l'intento di preservare il principio sul quale si fonda la previdenza complementare: la volontarietà dell'adesione. In Italia, a differenza di altri paesi europei, la previdenza complementare non è un benefit contrattuale ma un'opportunità che diventa diritto solo se esercitato. Anche l'adesione derivante dal silenzio assenso preserverà la libertà di scegliere se aderire o meno. Ecco che il dovere di informare e il diritto ad essere informati preservano e realizzano detti principi.
L'obbligo formativo non riguarda solo i lavoratori per i quali varrà il silenzio assenso, ma deve riguardare tutti i lavoratori in forza. La previsione contrattuale tiene conto infatti che i Fondi negoziali sono costituiti in forma di associazione e per statuto non perseguono scopo di lucro. Questo non consente loro di avere una rete vendita, né consente loro di compiere operazioni di marketing rispetto ad un prodotto che non è un prodotto finanziario ma un servizio previdenziale. Ecco che il luogo giuridico congruente con la natura giuridica del fondo e con il diritto a ricevere le informazioni da parte dei dipendenti, è la sede istitutiva del Fondo stesso: il contratto che coerentemente rimette al datore di lavoro questo compito.

Il nuovo comparto bilanciato
La gestione delle risorse che i lavoratori fanno confluire nel Fondo negoziale è raggruppata in comparti assegnati in gestione ad operatori specializzati. Sino a oggi la gestione delle risorse confluiva necessariamente nell'unico comparto attivo: il comparto garantito, la cui composizione del portafoglio è di prevalente componente obbligazionaria, con componente azionaria del 4%. È di alcuni giorni fa la notizia condivisa dal Fondo ai sui iscritti nella quale comunica la nascita ufficiale del comparto "Bilanciato" che affianca ora il comparto "Garantito". La composizione del portafoglio ha una componente obbligazionaria del 70% e una componente azionaria del 30%, riuscendo ad accogliere le diverse propensioni al rischio che appartengono a ciascun lavoratore. Rimane nella facoltà dell'iscritto di trasferire la propria posizione individuale maturata presso il nuovo comparto o di riallocare le risorse liberamente, tenendo conto che tra ciascuna riallocazione e la precedente dovrà trascorrere un periodo non inferiore a 12 mesi.

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