Personale

Deroghe possibili alla flessibilità oraria, l'Aran conferma

di Gianluca Bertagna e Salvatore Cicala

Il contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto delle funzioni locali del 21 maggio 2018, con l'articolo 27, in un'ottica di potenziamento delle misure di conciliazione vita-lavoro, ha previsto la possibilità di rendere maggiormente flessibile la prestazione lavorativa del dipendente favorendone il giusto equilibrio tra esigenze personali e impegni di lavoro.
Si tratta di una novità assoluta per gli enti locali e, come tutte le novità, solleva diversi dubbi per chi concretamente deve darne applicazione. È l'Aran, dopo un primo chiarimento (si veda l'orientamento applicativo Cfl35), che fornisce, con il parere n. 2096/2019, ulteriori utili e importanti indicazioni sull'istituto.

Le possibili deroghe
Il comma 3 dell'articolo in questione dispone espressamente che l'eventuale debito derivante dalla disciplina dell'orario di lavoro flessibile «deve essere recuperato nell'ambito del mese di maturazione dello stesso, secondo le modalità e i tempi concordati con il dirigente». Per l'Aran la portata della disposizione non ha carattere assoluto ma può, entro certi limiti, essere derogata. Così nel caso dell'eventuale sopraggiungere di un impedimento, oggettivo e imprevisto, che non consente al lavoratore il recupero orario entro il mese di maturazione (che è da intendersi come mese di calendario) del debito orario o, anche nell'ipotesi, ugualmente avente carattere di eccezionalità, della fruizione della flessibilità oraria proprio nell'ultimo giorno del mese, è possibile far slittare il termine del recupero al mese successivo a quello di maturazione.
Viene però individuata un'altra ipotesi di deroga: quella legata a esigenze di carattere organizzativo dell'ente stesso. Tuttavia, avverte l'Agenzia, occorre procedere con una certa prudenza nei comportamenti derogatori del datore di lavoro pubblico per evitare che gli stessi finiscano per ampliarsi e assumere carattere di regola generale. Si tratta di un'importante apertura che consente agli enti di evitare inutili irrigidimenti di una norma contrattuale che rappresenta, forse, più di altre un concreto strumento per conciliare le esigenze delle persone, le esigenze organizzative dell'ente e i bisogni dell'utenza.

Le ipotesi che giustificano il riconoscimento
Un'altra importante indicazione fornita dall'Aran con il parere n. 2096/2019 è quella per cui non è possibile estendere la portata della clausola contrattuale alle fattispecie non espressamente indicate al comma 4 (ovvero dipendenti che beneficiano delle tutele connesse alla maternità o paternità, assistono portatori di handicap, siano inseriti in progetti terapeutici, si trovano in situazioni di necessità connesse alla frequenza dei propri figli di asilo nido, scuole materne e scuole primarie o che siano impegnate in attività di volontariato). Questo chiarimento in realtà spiazza molti enti locali che, avvalendosi dello schema di contratto contenuto nel quaderno Anci dello scorso 14 settembre 2018 (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa dell'8 ottobre 2018), in sede di contrattazione integrativa hanno provveduto a disciplinare, o stanno valutando di farlo, ulteriori casistiche delle situazioni che possono dare luogo alla concessione dell'orario flessibile.

Il parere Aran n. 2096/2019

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