Personale

Danno all'immagine della Pa, la sanzione al dipendente assenteista dev'essere proporzionata

di Vincenzo Giannotti

Per contrastare i furbetti del cartellino, la specifica (e rilevante) normativa sanzionatoria prevede la quantificazione del danno all'immagine accanto agli aspetti disciplinari della procedura che accelera il licenziamento. La mancanza di proporzionalità del danno all'immagine è questione sulla quale la magistratura contabile ha sollevato la questione di legittimità costituzionale (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 17 ottobre 2018). La Corte dei conti siciliana, invece, nella sentenza n. 213/2019 ha preferito azzerare il danno all'immagine di un dipendente per le poche ore di violazione della propria presenza in ufficio, non essendo stata fornita puntuale dimostrazione del clamore mediatico necessario per la quantificazione equitativa del danno subito dall'ente.

La vicenda
Essendo stata accertata l'assenza ingiustificata, perché non autorizzata, di un dipendente comunale, il dirigente avviava la procedura del licenziamento senza preavviso con invio della documentazione alla competente procura della Corte dei conti. Il Pm contabile quantificava in 81,54 euro il danno erariale, corrispondente alle ore indebitamente fruite dal dipendente, e in circa 10mila euro il danno all'immagine, pari a sei mensilità dello stipendio del dipendente. Nelle proprie memorie difensive, non accolte dal Pm, il dipendente ha evidenziato la sproporzione tra il danno delle ore addebitate e la quantificazione automatica del danno all'immagine, confutando la mancata dimostrazione del pregiudizio subito dall'ente, anche in termini di notizie mediatiche del tutto assenti nel caso di specie.

La posizione del Corte
La contestazione riguarda la nuova disposizione dell'articolo 55-quater del Dllgs n. 165/2001 che ha previsto, nei casi di assenteismo fraudolento «la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti entro 15 giorni dall'avvio del procedimento disciplinare», precisando, inoltre, che «la procura della Corte dei conti, quando ne ricorrono i presupposti, emette invito a dedurre per danno d'immagine entro tre mesi dalla conclusione della procedura di licenziamento».
La nuova norma ha anche stabilito che «l'ammontare del danno risarcibile è rimesso alla valutazione equitativa del giudice anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione e comunque l'eventuale condanna non può essere inferiore a sei mensilità dell'ultimo stipendio in godimento, oltre interessi e spese di giustizia».
Il collegio contabile siciliano, tuttavia, contesta la legittimità della quantificazione automatica elaborata dalla procura, in quanto a fronte di 81,54 euro di danno erariale, corrispondenti alla falsa attestazione della propria presenza in servizio, il Pm non ha dimostrato il pregiudizio subito dall'ente, anzi, risulta che la vicenda non ha avuto alcuna diffusione mediatica. Per il Collegio contabile, infatti, va accolta un'interpretazione che ammette una nozione unitaria del danno all'immagine come davvero compromettente la reputazione dell'ente danneggiato, ipotizzabile solo in presenza di una propagazione di notizie da cui sia potuto derivare uno scadimento dell'opinione pubblica sulla correttezza dell'operato delle amministrazioni, escludendo la presunzione di dannosità intrinseca o in re ipsa. Ora, se tale non fosse la lettura, la medesima sarebbe censurabile sotto il profilo dell'esorbitanza dalla delega, dato che la legge 4 marzo 2009 n. 15 non contiene alcun principio che possa giustificare un simile intervento da parte del legislatore delegato.

Conclusioni
In conclusione, l'inserimento della quantificazione del danno in sei mensilità previsto dal legislatore, in conclusione, può solo considerarsi quale parametro utile alla quantificazione del danno che il legislatore ha inteso fornire, stante la natura estremamente astratta e intangibile del bene leso, per assicurare proporzionalità, certezza e omogeneità delle decisioni.
Il dipendente, pertanto, deve essere condannato per il solo danno erariale pari alle ore indebitamente percepite, senza addebito per danno all'immagine non essendo stato provato dalla procura.

La sentenza della Corte dei conti Sicilia n. 213/2019

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