Personale

Rilevatori Istat nei Comuni, da luglio stop anche ai Cococo

di Amedeo Di Filippo

La precarietà del lavoro è dura a morire, nonostante il Decreto dignità, soprattutto nella pubblica amministrazione, a cui infatti non si applica. Ne sanno qualcosa i tanti che fanno rilevazione per conto dell'Istat, legati ai Comuni con contratti di Cococo o di prestazione d'opera spesso da molti anni e con retribuzioni davvero poco dignitose.

Il Sistan
Del Sistema statistico nazionale (Sistan), organizzato dal Dlgs 322/1989, fanno parte l'Istat e gli uffici di statistica delle amministrazioni dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni singoli o associati, delle Asl, delle camere di commercio e di altri enti e organismi individuati con Dpcm. Le attività e le funzioni degli uffici statistici degli enti locali sono ancora regolate dalla legge 1823/1939 che obbliga i Comuni con più di 100mila abitanti ad istituire propri uffici quali «organi periferici dell'Istituto centrale di statistica».
Agli uffici di statistica del Sistan è affidato il compito di promuovere e realizzare la rilevazione, l'elaborazione, la diffusione e l'archiviazione dei dati statistici, fornire i dati informativi, collaborare alle rilevazioni previste dal programma statistico nazionale, contribuire alla promozione e allo sviluppo informatico a fini statistici degli archivi gestionali e delle raccolte di dati amministrativi.

I censimenti
È stata la legge di bilancio 205/2017 a richiedere all'Istat, al comma 227, una serie di censimenti:
a) quello permanente della popolazione e delle abitazioni dall'anno 2018;
b) quelli economici permanenti delle imprese, delle istituzioni non profit e delle istituzioni pubbliche, sempre dal 2018;
c) il 7º censimento generale dell'agricoltura nell'anno 2020;
d) il censimento permanente dell'agricoltura a decorrere dal 2021.
L'Istat effettua le operazioni attraverso i piani generali di censimento, secondo le indicazioni contenute ne Programma statistico nazionale 2017-2019, approvato con il Dpr 31 gennaio 2018 che rappresenta l'atto normativo con cui viene pianificata l'informazione statistica ufficiale che da un lato impegna il Sistan all'esecuzione dei lavori e progetti statistici di rilievo nazionale ed europeo in esso accolti, dall'altro sancisce gli obblighi di collaborazione per i diversi soggetti coinvolti (cittadini, imprese, istituzioni).

Le funzioni dei Comuni
L'articolo 14 del Tuel individua, tra i compiti del Comune per servizi di competenza statale, quelli di statistica, le cui funzioni sono esercitate dal sindaco quale ufficiale del Governo in base al'articolo 54. L'articolo 14, comma 27, del Dl 78/2010, nell'individuare le funzioni fondamentali dei Comuni, contempla alla lettera l-bis) i «servizi in materia statistica», con obbligo di gestione associata per i comuni di minori dimensioni.
Si hanno, dunque, da un lato funzioni fondamentali affidate alla competenza dei Comuni; dall'altro censimenti ormai permanenti che, uniti ad altre decine di rilevazioni patrocinate ogni anno dall'Istituto di statistica, vedono impegnate le amministrazioni locali a tempo pieno e in maniera continuativa. Attività che in termini di risorse finanziarie comportano tutt'altro che contributi saltuari e correlati alle singole rilevazioni, com'è oggi; in termini di risorse umane si traducono in «esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario», per le quali l'articolo 36, comma 1, del Dlgs 165/2001 impone di assumere «esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall'articolo 35».

La situazione nei Comuni
Attualmente le operazioni sono affidate a una pletora di «rilevatori» che lavorano per conto dell'Istat ma in nome dei Comuni, i quali provvedono all'ingaggio e al pagamento degli oneri con risorse Istat. Gli strumenti adoperati sono i più disparati che vanno dal conferimento di incarichi con contratti di lavoro autonomo secondo l'articolo 6, commi 7 e seguenti, del Dlgs 165/2001, nella forma (ancora) di Cococo; a non meglio specificati «contratti di prestazione d'opera» attivati sulla base dell'articolo 2222 del codice civile, le famose e (a quanto pare) mai tramontate locatio operis.
Si pongono due questioni, peraltro strettamente intrecciate. La prima riguarda la posizione dei rilevatori, spesso impegnati in queste attività da lunghi anni e retribuiti con compensi a dir poco magri, tenuto anche conto rimane a loro carico l'onere degli spostamenti e sovente delle spese telefoniche. Una situazione senz'altro incresciosa che rasenta il caporalato e che non è poi tanto diversa da quella dei riders – che almeno possono sperare sulle mance dei clienti – per i quali si è mobilitato anche il ministero del Lavoro. Situazione che rimane eclatante in tanta parte della pubblica amministrazione, basti pensare al personale educativo e scolastico e a quello della ricerca, per la quale si è però imboccata una via di uscita con stabilizzazioni e assunzioni riservate.

Le assunzioni
Questo porta alla seconda questione, di ordine giuridico, legata al fatto che, secondo l'articolo 36, comma 2, del Dlgs 165/2001, le amministrazioni pubbliche possono stipulare contratti di lavoro flessibile «soltanto per comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale», pena la nullità dei contratti di lavoro e la responsabilità erariale e dirigenziale del funzionario che li sottoscrive.
È francamente difficile ritenere che possano essere considerate temporanee o eccezionali rilevazioni ormai qualificate come "permanenti" dalla legge, ma anche qualora si volesse accedere a quella conclusione resta il fatto che l'utilizzo dei Cococo per gli enti pubblici sarà vietato dal prossimo luglio, come dispone il comma 1131, lettera f), della legge 145/2018, che ha spostato al 1° luglio 2019 l'originario termine del 1° gennaio, previsto dall'articolo 22, comma 8, del Dlgs 75/2017, del divieto stabilito dall'articolo 7, comma 5-bis, del Dlgs 165/2001, relativo alla stipula da parte delle amministrazioni pubbliche di «contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro».
Abituati alla bizzarria dell'italico legislatore, è possibile che questo termine slitti ulteriormente, ma resta comunque il dato di fondo, cioè che si continua a impiegare personale precario per attività permanenti, utilizzando strumenti straordinari per esigenze che sono ormai divenute del tutto ordinarie. L'epilogo è quindi scontato – assunzioni! – ma si pone per le amministrazioni locali un enorme problema di risorse che fa il paio con i vincoli di spesa del personale ancora vigenti, la cui soluzione può essere approntata solo dal legislatore nazionale.

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