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Riapertura del procedimento disciplinare, legittimo il diniego senza prove nuove

di Gianni La Banca

Il procedimento disciplinare può essere legittimamente riaperto solo in presenza di fatti nuovi idonei a modificare il quadro “indiziario” precedente, senza che possano avere rilievo sentenze penali che dichiarano prescritto il reato. Così ha affermato il Tar Lazio, Roma, Sezione III stralcio, con la sentenza n. 5343/2019.

Il fatto
Un appartenente al personale diplomatico del Mae, con il grado di segretario di legazione riceveva la sanzione disciplinare della destituzione, richiamando ai fini della analisi dei fatti giustificativi della sanzione, tra l’altro, la violazione della normativa Schengen, della Costituzione, degli ordini di servizio dell’ambasciata e di numerosi richiami verbali del Capo Missione, alla violazione di atti che siano in grave contrasto con i doveri di fedeltà dell’impiegato, alla violazione di atti che hanno peraltro arrecato un gravissimo danno di immagine al paese e all’amministrazione, derivanti da alcune sentenze penali.

Riapertura del procedimento disciplinare
Il procedimento di revisione dell’iter disciplinare costituisce un mezzo straordinario di riapertura del procedimento che può essere richiesto dal dipendente o dal coniuge superstite o dai figli, in presenza di nuove prove, tali da poter condurre o al proscioglimento dagli addebiti, ovvero all’irrogazione di una sanzione di minore entità.
I presupposti per poter chiedere la riapertura sono dunque costituiti dalla “novità” e “decisività” delle prove: la riapertura del procedimento disciplinare ricalca la ratio della revisione del processo penale ed è possibile solo quando siano emersi – dopo la conclusione del procedimento disciplinare – nuovi elementi di prova che ove fosse stato possibile dedurre tempestivamente avrebbero sovvertito l’esito del procedimento.
Per ragioni di certezza giuridica, non è possibile ottenere tale riapertura adducendo come nuove prove elementi già in possesso dell’interessato, o che comunque potevano essere acquisiti al momento del procedimento disciplinare ed in quella sede utilizzati.

Il rilievo delle vicende penali
Il gravissimo danno arrecato all’amministrazione può essere determinato dalle vicende penali del funzionario pubblico, soprattutto qualora dalle stesse emerga una violazioni del dovere di tenere una condotta, sia in ufficio che in pubblico, conforme alla dignità delle proprie funzioni, cristallizzato in sentenze penali.
In tale ottica, nessun rilievo può rivestire una sentenza di secondo grado che dichiara di non doversi procedere nei confronti dell’imputato ed in ordine alle imputazioni ascrittegli, per essere i reati estinti per intervenuta prescrizione, in presenza di una sentenza di primo grado già condannatoria.
Ai sensi dell’art. 653 Cpp la sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l’imputato non lo ha commesso.
Ne discende che alcun effetto giuridico scriminante può essere attribuito all’accertamento compiuto nella sentenza in oggetto con cui è stato dichiarato prescritto il reato commesso.
In effetti, per escludere la veridicità dei fatti assunti a fondamento del procedimento disciplinare, occorre un giudicato assolutorio circa l'insussistenza del fatto o la mancata commissione dello stesso da parte del dipendente pubblico, mentre nelle rimanenti ipotesi di conclusione del giudizio, per le quali non si giunga ad una condanna, in conseguenza dell'intervento di cause di prescrizione o di altre cause di estinzione del reato, non si ha un giudicato sulla commissione dei fatti di carattere assolutorio, e l'Amministrazione può legittimamente utilizzare a fini istruttori gli accertamenti effettuati nella sede penale.
Pertanto l’Amministrazione, quando il soggetto non sia stato assolto nel merito, ben può operare una valutazione autonoma circa i fatti oggetto di giudizio, anche se da questi non è derivata una condanna in sede penale, alla loro qualificazione e alla determinazione da adottare nell’ambito delle sue facoltà.

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