Personale

Indennità per dimissioni alla dipendente madre anche se ha trovato un nuovo lavoro

di Andrea Alberto Moramarco

La lavoratrice madre ha diritto all'indennità per dimissioni entro il primo anno di vita del figlio, indipendentemente dal motivo delle dimissioni e anche quando queste risultino preordinate al reperimento di altra occupazione. Il beneficio è dovuto per il solo fatto della nascita o dell'adozione, non potendo l'amministrazione effettuare valutazioni sui vantaggi della scelta della lavoratrice, salvo dimostrare che sussistano gli estremi per un abuso del diritto. A fornire l'interpretazione è la Sezione lavoro della Cassazione, con la sentenza n. 16176, depositata ieri.

Il caso
La vicenda prende le mosse dalla richiesta da parte di una dirigente Asl del pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso per dimissioni, rassegnate entro il primo anno dalla data di ingresso in famiglia del minore adottato (articolo 55 del Dlgs 151/2001 - Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità). Dopo le dimissioni e ottenuto il pagamento, tuttavia, nel corso dello stesso anno il medico cominciava a lavorare in forma autonoma in sostituzione di altri medici e all'interno di un ambulatorio privato, inducendo l'Asl, ex datore di lavoro, a contestare in giudizio la legittimità dell'indennità versata, per via dell'ingiusto vantaggio in questo modo ottenuto dalla ex dipendente. Sia in primo che in secondo grado, però, i giudici ritenevano non fondate le ragioni dell'Asl, in quanto il beneficio in questione è previsto dalla legge in ragione del fatto storico della nascita o dell'adozione, a prescindere da valutazioni «di impossibile predeterminazione» relative alla «maggiore o minore vantaggiosità di scelte lavorative alternative attuate dalla dipendente in esito alle dimissioni».

Scelta insindacabile salvo il limite dell'abuso del diritto
La questione è giunta così in Cassazione dove però il verdetto non cambia. La Suprema corte ha sottolineato, infatti, come la norma in questione preveda il diritto della madre a ricevere l'indennità specifica, per il mero verificarsi della condizione della nascita o adozione, su semplice richiesta dell'interessata «i cui costi sono destinati a gravare sul datore di lavoro, secondo una logica di stampo solidaristico», non rilevando l'eventuale inizio di una nuova attività lavorativa da parte della lavoratrice. L'assetto di interessi, puntualizzano a ogni modo i giudici di legittimità, incontra soltanto il limite generale dell'abuso del diritto, per il verificarsi del quale non basta il reperimento di una nuova occupazione, ma occorre «una situazione al contempo economicamente più vantaggiosa e lavorativamente più onerosa», che renda «irrazionale il beneficio patrimoniale» e il corrispondente sacrificio per il datore e che, in sostanza, «colori in senso profittatorio la pretesa».

La sentenza della Corte di cassazione n. 16176/2019

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