Personale

Mansioni superiori, non automatica l'estensione del giudicato sulle differenze retributive per periodi precedenti

di Andrea Alberto Moramarco

Nel rapporto di impiego privatizzato, il diritto a ricevere le differenze retributive per l'esercizio di mansioni superiori sorge in ragione del loro concreto esercizio e determina la retribuzione per il corrispondente periodo, senza alcuna automatica acquisizione delle corrispondenti qualifiche. Di conseguenza, il giudicato formatosi su un periodo precedente non può estendersi a un periodo successivo, ma costituisce un dato istruttorio utilizzabile, se ritenuto utile e pertinente, a condizione del permanere della medesima disciplina collettiva. Ad affermarlo è la Sezione lavoro della Cassazione con l'ordinanza n. 18901, depositata ieri, con la quale i giudici di legittimità hanno altresì escluso l'esistenza di un onere a carico del datore di lavoro di allegare e dimostrare il verificarsi di mutamenti fattuali.

Il caso
Oggetto della controversia è il riconoscimento, da parte dell'Inps nei confronti di un pubblico dipendente, delle differenze retributive per l'esercizio di mansioni superiori effettivamente svolte dal lavoratore per circa tre anni, da ottobre 2008 a maggio 2011. Tra le stesse parti intercorreva però altro giudizio, relativamente ad un periodo precedente che si estendeva sino a gennaio 2006, concluso con l'affermazione del diritto del lavoratore con sentenza della Cassazione. Così, i giudici di merito, in entrambi i gradi di giudizio, estendevano gli effetti del precedente giudicato anche al periodo successivo oggetto della nuova causa, poiché l'Inps non aveva dedotto alcun mutamento fattuale.
L'ente previdenziale ricorreva però in Cassazione contestando l'estensione del giudicato e sottolineando un duplice errore dei giudici: l'aver addossato all'istituto «l'onere di dimostrare il mutamento di circostanze rispetto al pregresso giudicato» e il non aver preso in considerazione il fatto che, nel frattempo, era stato siglato un nuovo contratto collettivo nazionale che disciplinava diversamente il tema delle mansioni.

La decisione
La questione arriva così in Cassazione che, dopo aver ricostruito il quadro fattuale della vicenda, ritiene fondati i motivi di ricorso dell'Inps affermando che la corte territoriale ha fatto errata applicazione delle regole sul giudicato. Ebbene, afferma il Collegio, è vero che per le obbligazione periodiche l'accertamento di un fatto idoneo a produrre effetti durevoli «si estende alla "configurazione del rapporto" e "continua ad esplicare i suoi effetti"»; ma è pur vero che nel pubblico impiego privatizzato lo svolgimento di mansioni superiori non può comportare l'acquisizione delle corrispondenti qualifiche, «ma solo il diritto alle maggiori retribuzioni per il corrispondente periodo, restando il lavoratore «pienamente onerato, per i vari periodi di tempo azionati in giudizio, dalla allegazione e dimostrazione del riprodursi dei fatti costitutivi del diritto alle retribuzioni superiori».
In altri termini, spiegano i giudici di legittimità, solo accertati i fatti costitutivi si può estendere il giudicato, purché, a ogni modo, il regime giuridico resti invariato. Ciò non si è verificato nella fattispecie, in quanto oltre ad aver rovesciato l'onere probatorio, i giudici di merito non hanno preso in considerazione il fatto che per il periodo oggetto della controversia trovi applicazione la disciplina di un nuovo contratto collettivo, diverso da quello che regolava il precedente periodo.
Sarà, dunque, di nuovo la Corte d'appello a rivalutare il caso alla luce della corretta interpretazione delle regole sul giudicato e, conseguentemente, sull'onere della prova.

L'ordinanza della Corte di cassazione n. 18901/2019

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