Personale

Procedimento disciplinare, la sostituzione del componente dell'ufficio non annulla la sanzione

di Andrea Alberto Moramarco

Il carattere imperativo delle norme in tema di procedimenti disciplinari non va riferito alle regole procedimentali interne che regolano la costituzione e il funzionamento dell'Upd (Ufficio procedimenti disciplinari). Pertanto, la sostituzione di componenti dell'Upd nel corso del procedimento disciplinare, per ragioni di opportunità o incompatibilità, non determina alcuna violazione di norme imperative, a meno che ciò non incida sul principio di terzietà o sul diritto di difesa. Questo è quanto si afferma nella sentenza n. 20721 della Sezione lavoro della Cassazione, depositata ieri.

Il caso
Protagonista della vicenda è un dipendente comunale, licenziato dall'ente locale di appartenenza dopo aver patteggiato in sede penale una condanna per i reati di turbativa d'asta e corruzione, di cui lo stesso era accusato. Il lavoratore impugnava la massima sanzione disciplinare lamentando una violazione delle norme sulla composizione dell'Upd. In particolare, il licenziamento era preceduto da tre anomalie: la nomina di un vicesegretario generale, giustificata dal fatto che la figura del segretario generale e del dirigente del personale erano concentrate nella medesima persona; la sostituzione, per ragioni di opportunità, dello stesso segretario generale, nominato responsabile comunale della prevenzione e della corruzione, ovvero posizione indicata come possibile fonte di conflitto di interesse; e la sostituzione all'interno del collegio, per ragioni di incompatibilità, del dirigente del settore cui era addetto il dipendente, il quale era stato coinvolto nel procedimento penale a carico di quest'ultimo. Per i giudici di merito, tuttavia, nessuna di queste variazioni nell'Upd era tale da far venir meno la terzietà dell'organo disciplinare, non sussistendo, tra l'altro, un principio di immutabilità del giudice disciplinare.

La decisione
Il caso è giunto così in Cassazione, dove il lavoratore ha insistito con la sua tesi, invocando l'imperatività degli articoli 55-bis e seguenti del Dlgs 165/2001 (Testo unico sul pubblico impiego), con conseguente invalidità della sostituzione dei componenti dell'Upd nel corso del procedimento disciplinare, che a sua volta si riflette sulla sanzione irrogata. La Suprema corte, tuttavia, ha confermato il verdetto di merito sottolineando che le norme evocate mirano ad assicurare nel procedimento disciplinare l'assoluta terzietà dell'Upd. Anzi, per i giudici di legittimità, nel caso di specie, si è assistito a diverse e scrupolose sostituzioni, dettate da ragioni di opportunità e incompatibilità, proprio volte ad assicurare la completa terzietà dell'organo a garanzia ulteriore per l'incolpato. In altri termini, ha chiarito il collegio, l'interpretazione delle norme sui procedimenti disciplinari nel pubblico impiego non deve essere ispirata a un eccessivo formalismo, ma essere coerente con la sua ratio, ovvero la difesa del dipendente e la terzietà della decisione. Pertanto, le modalità con cui il Comune è addivenuto alle sostituzioni dei componenti dell'Upd non hanno alcun rilievo: «quello che conta è che sia stata assicurata la terzietà dell'Upd».

La sentenza della Corte di cassazione n. 20721/2019

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