Personale

Festività infrasettimanali, anche nella Pa il diritto al riposo è derogabile solo con l'accordo tra le parti

di Consuelo Ziggiotto

Il diritto del lavoratore di astenersi dall'attività lavorativa in occasione delle festività infrasettimanali è un diritto soggettivo, pieno con carattere generale. Questo diritto non può essere «posto nel nulla» dal datore di lavoro, potendosi rinunciare al riposo nelle festività infrasettimanali solo in forza di un accordo tra datore e lavoratore e non già in virtù di una scelta unilaterale, ancorchè motivata da esigenze di servizio. Questo il principio ribadito dalla Corte di cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 18887/2019, con la quale ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento intimato a un lavoratore che aveva rifiutato di adempiere, il 1° maggio, all'incarico conferito da un suo collega responsabile. Nonostante si tratti di un'azione nei confronti di un dipendente privato, non sono da sottovalutare i risvolti che le conclusioni possono portare anche nell'ambito della pubblica amministrazione. Le ragioni dei giudici muovono infatti da un diritto soggettivo riconosciuto dalla fonte legale e non da quella contrattuale. Il delicato equilibrio tra fonte legale e fonte contrattuale, in materia di festività infrasettimanali, si rappresenta concretamente nelle parole del collegio che vuole contratti collettivi che non possono derogare in senso peggiorativo a un diritto del singolo lavoratore se non nel caso in cui egli abbia conferito loro esplicito mandato in questo senso. La contestualizzazione del contenuto della sentenza, nell'ambito del pubblico impiego, è ancor più delicata, non potendo essere ignorate le disposizioni del Dlgs 165/2001 in materia di rapporto tra fonte legale e contrattuale nonché della delegificazione operata dalla privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico.

La vicenda
Il lavoratore, dipendente privato, il cui rapporto di lavoro era regolato dal contratto collettivo Industria Chimica, si era rifiutato di effettuare un'operazione di controllo della sigillatura delle valvole e di assistenza delle operazioni di misurazione di un serbatoio di gasolio nella giornata del 1° maggio. Al rifiuto del lavoratore di prestare servizio, è seguito il licenziamento per giusta causa, convertito dalla Corte d'appello, in riforma della sentenza di primo grado, in licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Il lavoratore ha infine opposto ricorso per la cassazione della sentenza di appello per violazione e disapplicazione della legge 260/1949 ed errata interpretazione della disciplina contrattuale.

Le motivazioni della Corte di cassazione
La Corte ha spiegato che legge 260/1949 è completa e autosufficiente nel riconoscere al lavoratore il diritto di astenersi dal prestare la propria attività in determinate festività celebrative di ricorrenze civili e religiose. Solo per il personale di qualsiasi categoria alle dipendenze delle istituzioni sanitarie pubbliche e private è stato statuito l'obbligo della prestazione lavorativa durante le festività, in presenza di esigenze di servizio che lo richiedano. Per cui, il diritto del lavoratore di astenersi dall'attività lavorativa in occasione delle festività infrasettimanali è un diritto soggettivo ed è pieno con carattere generale; esso non può essere annullato dal datore di lavoro, potendosi rinunciare al riposo nelle festività infrasettimanali solo in forza di un accordo tra datore e lavoratore e non già in virtù di una scelta unilaterale. La rinunciabilità al riposo è rimessa al solo accordo delle parti individuali o ad accordi sindacali stipulati da organizzazioni sindacali cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato.
In sintesi, l'orientamento di legittimità è nel senso che la possibilità di svolgere attività lavorativa nei giorni festivi infrasettimanali, non è rimessa alla volontà esclusiva del datore di lavoro o a quella del lavoratore, dovendo, invece, derivare da un loro accordo.
La disciplina contrattuale che prevede espressamente l'obbligo di prestare attività lavorativa in giorno festivo lo può fare entro i limiti previsti dalla legge che si rappresenta come fonte di diritto gerarchicamente superiore e sovraordinata. Nella vicenda in esame tuttavia, la Corte territoriale non ha accertato se la norma di legge fosse stata derogata da un accordo individuale o sindacale, ragion per cui si è individuata una diversa Corte d'Appello cui rinviare il riesame.

Osservazioni
La delegificazione operata dalla privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico trova fondamento nella fonte legale - la legge 260/1949 - che opera in modo limitato nel pubblico impiego in quanto la disciplina del rapporto di lavoro del pubblico dipendente è stata integralmente demandata alla contrattazione collettiva dall'articolo 2, comma 3, del Dlgs 165/2001 (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 26 agosto). La delegificazione postula perciò l'inapplicabilità delle norme incompatibili con il disposto della contrattazione collettiva. Tra le norme incompatibili è ricompreso anche l'articolo 5, comma 3, della legge 260/1949 che definisce il trattamento economico che opera nelle festività.

La sentenza della Corte di cassazione n. 18887/2019

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