Personale

Così il trattamento accessorio illegittimo produce il danno erariale

di Luciano Cimbolini

La Sezione II d'appello della Corte dei conti, con la sentenza n. 298/2019, nel confermare la giurisprudenza in tema di danno da irregolare erogazione del trattamento accessorio dirigenziale (Corte d'appello Sicilia n. 64/2019), fornisce una lettura molto utile, poiché coerente e approfondita, di una materia innegabilmente complessa.

Il fatto
A seguito di una verifica dei servizi ispettivi della ragioneria generale dello stato in un comune veneto, con la sentenza n. 98/2015, la locale sezione giurisdizionale in primo grado aveva condannato, in via equitativa, il segretario e un dirigente con funzioni di vice segretario al risarcimento del danno da indebita erogazione della retribuzione di posizione e di risultato ai dirigenti e segretari succedutisi nel periodo contestato. In dettaglio, erano stati censurati accordi decentrati e atti applicativi che prevedevano:
• la corresponsione delle retribuzioni di posizione senza parametrazione della responsabilità;
• un incremento, senza motivazione, del 3 percento della retribuzione di posizione individuale e del monte complessivo delle risorse per il finanziamento del fondo rispetto all'anno precedente;
• l'ingiustificata attribuzione al Comune della qualifica di struttura complessa ai sensi dell'articolo 27, comma 2, Ccnl 23 dicembre 1999;
• la ripartizione fra i dirigenti rimasti in servizio della retribuzione di posizione di quelli cessati, con un taglio complessivo del fondo del «solo» 10 percento;
• l'irregolare corresponsione ai segretari di adeguamenti della retribuzione di posizione in applicazione dell'articolo 41, comma 5, Ccnl del 16 maggio 2001 (il cosiddetto galleggiamento) avendo a riferimento illegittimi incrementi del trattamento accessorio della dirigenza.
Il giudice di appello, aderendo a quasi tutte le ragioni della procura, ha condannato, in modo più pesante, oltre al segretario e al vice segretario, anche il dirigente di ragioneria e il collegio dei revisori dei conti (assolti in primo grado), escludendo dal calcolo del danno la quota spettante al personale politico non citato in giudizio, ma teoricamente imputabile, poiché non era invocabile l'esimente politica.

Il trattamento accessorio della dirigenza
La sentenza delinea in modo ineccepibile tutti gli aspetti del trattamento accessorio della dirigenza. Vediamo nel dettaglio cosa dicono i giudici contabili.
La retribuzione di posizione riflette il livello di responsabilità attribuito all'incarico di funzione dirigenziale; la retribuzione di risultato corrisponde, invece, all'apporto in termini di produttività della prestazione. Entrambi gli emolumenti debbono essere quantificati e attribuiti nel rispetto dei contratti collettivi nazionali in tema di capacità di bilancio dell'ente e di tipologia di relazione sindacale cui è riservata la materia (contrattazione o altre forme di relazione sindacale). Il fondo per il trattamento accessorio deve essere adottato con un provvedimento amministrativo che definisca le risorse nel rispetto delle regole e dei limiti previsti dal Ccnl. Le risorse facoltative, quali quelle previste dall'articolo 26, comma 3, del Ccnl 23 dicembre 1999, legate all'incremento dei servizi o a processi di riorganizzazione, oltre a dover essere inserite nel fondo nel rispetto delle regole procedurali previste dal Ccnl e degli equilibri di bilancio, non si storicizzano e quindi sono revocabili dall'ente, sempre nel rispetto del Ccnl, negli anni successivi. Queste risorse variabili (a differenza di quelle storiche), pertanto, non ricadono nella operatività dell'articolo 27, comma 9, che prevede la riassegnazione delle risorse non utilizzate nell'anno precedente per il finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato dell'esercizio successivo.
Non c'è spazio per integrare il fondo con tipologie di risorse non richiamate dai contratti nazionali (a esempio, incrementi automatici percentuali rispetto all'anno precedente) o con voci previste da clausole del Ccnl mai attuate (si veda articolo 26, comma 4, del Ccnl 23 dicembre 1999).
La retribuzione di posizione non erogata per cessazione di dirigenti, non può essere distribuita tout court agli altri dirigenti rimasti in servizio, dovendosi invece, a seguito del mutamento organizzativo, eventualmente rideterminare, secondo le rispettive procedure, la quantificazione del fondo e il valore delle posizioni.
Le clausole contrattuali e gli atti amministrativo-gestionali difformi a quanto previsto nel Ccnl sono nulli come previsto dall'articolo 40 del decreto legislativo 165/2001.
La retribuzione di risultato non è una voce automatica della retribuzione, ma deve essere erogata a seguito di un percorso formalizzato con attribuzione degli obiettivi e valutazione del loro raggiungimento.
L'incremento del valore massimo della retribuzione di posizione previsto dall'articolo 27, comma 5, per enti con strutture di notevole complessità, non può essere previsto per Comuni di piccole dimensioni e che comunque non abbiamo la dirigenza suddivisa almeno in due livelli. Anche questi aumenti, ove ammissibili, debbono essere riconosciuti nel rispetto della capienza di un fondo correttamente costituito, non essendo invece ammissibile il percorso inverso, vale a dire, l'incremento artificioso del fondo per renderlo capiente a finanziare il superamento del valore massimo della retribuzione di posizione prevista dal Ccnl.
Anche gli organi politici, in teoria, possono rispondere del danno da contrattazione integrativa, non solo in caso di indebita ingerenza di ambiti amministrativi riservati alla dirigenza, ma per attività di propria competenza, poiché si tratta di materie a essi comunque attribuite, quali la programmazione del personale e l'individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici.
Il cosiddetto «galleggiamento» del trattamento economico del segretario, oltre a dover essere comunque compatibile con la situazione di bilancio, non può avvenire in relazione a retribuzioni di posizioni dirigenziali incrementate grazie all'errata applicazione della normativa contrattuale.
In materia di contrattazione integrativa, il ruolo del direttore di ragioneria con l'apposizione del visto di regolarità contabile e quello dei revisori dei conti con il parere sul fondo e sull'ipotesi di contratto integrativo, non si debbono fermare al riscontro della mera copertura finanziaria della spesa, ma controllare, secondo la rispettiva competenza, la complessiva regolarità, quanto meno procedurale, dei relativi atti contrattuali e amministrativi e segnalare quelle irregolarità amministrative che risultino palesi in funzione del ruolo di controllo svolto.
Infine, l'articolo 4 del decreto legge 16/2014, come affermato in primo grado, non rappresenta una sanatoria «erariale» e, dunque, non determina l'improcedibilità dell'azione del Pm contabile.

La sentenza della Sezione II d'appello della Corte dei conti n. 298/2019

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