Personale

Lavoro subordinato e non autonomo quello del medico con stessi orari e servizi dei colleghi dipendenti

di Federico gavioli

Il medico collaboratore autonomo che lavora presso un ospedale e che svolge lo stesso servizio e gli stessi orari dei colleghi medici strutturati a tempo indeterminato, con orari prestabiliti dai dirigenti dell'istituto, deve essere inquadrato come un vero e proprio dipendente a tutti gli effetti. Questa la conclusione a cui è giunta la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 23520/2019 che farà molto discutere.

Il contenzioso
La Corte di appello ha confermato la decisione del Tribunale che, aveva accolto la richiesta di un medico di vedere riconosciuto come subordinato il rapporto di lavoro intercorso con un istituto ospedaliero, rapporto formalmente regolato da una serie di contratti di collaborazione autonoma, per lo svolgimento di attività di medico ospedaliero.
La Corte territoriale ha basato la propria decisione sui seguenti elementi:
• il medico era inserito nel turno unico diurno/notturno, in cui erano inseriti sia i medici con regolare contratto di lavoro subordinato, sia quelli regolati da contratto libero-professionale;
• il turno era organizzato dal primario sulla base della disponibilità di massima dei medici non strutturati;
• il medico era comandato, come gli altri medici, anche in reparti diversi da quello della Medicina Interna, relativo alla sua specializzazione, per sostituzioni improvvise;
• le prestazioni erano le stesse dei medici strutturati, ma questi ultimi avevano l'obbligo di pronta reperibilità;
• il medico non aveva il badge, ma firmava il foglio di presenza.
La Corte territoriale ha osservato che le differenze tra la posizione assunta dal medico e quella degli altri medici strutturati nell'organizzazione dell'ospedale (ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, legge n. 222/1985), erano essenzialmente riferibili ad aspetti formali, amministrativi o marginali (come il badge e la pronta disponibilità), visto che il potere conformativo della prestazione lavorativa era esercitato dal datore di lavoro con modalità indifferenziata nei confronti di tutti i medici inseriti, a diverso titolo, nell'organizzazione della struttura. Contro la sentenza sfavorevole l'istituto ospedaliero è ricorso in Cassazione.

L'analisi della Cassazione
Per i giudici di legittimità la sentenza della Corte territoriale ha evidenziato come la collocazione del medico nell'organizzazione dell'ospedale fosse desumibile innanzitutto dall'inserimento nei turni diurni/notturni al pari dei medici strutturati, senza alcuna differenza tra le due categorie di medici:
• il turno era predisposto dal primario sulla base di una preventiva indicazione di disponibilità;
• il medico era comandato a provvedere a sostituzioni improvvise anche in reparti diversi dalla sua specializzazione (Medicina Interna).
Gli elementi di differenziazione erano dunque solo formali ed amministrativi e non interessavano la natura, né le modalità della prestazione lavorativa, in tutto assimilabile a quella svolta dai medici assunti con contratto di lavoro subordinato.
Per la Cassazione questa valutazione non incorre in alcun «vizio di sussunzione nella fattispecie legale di cui all'articolo 2094 del codice civile, atteso che, ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, quando l'elemento dell'assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari».
In particolare, prosegue nell'analisi la Cassazione, in caso di prestazioni che, per la loro natura intellettuale, mal si adattano a essere eseguite sotto la direzione continua del datore di lavoro, ai fini della qualificazione del rapporto come subordinato o autonomo, cioè l'assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro, deve «essere verificato mediante il ricorso a elementi sussidiari, che il giudice di merito deve individuare attribuendo prevalenza ai dati fattuali emergenti dal concreto svolgimento del rapporto».
La Cassazione ha quindi ritenuto il ricorso dell'istituto ospedaliero infondato rigettandolo.

L'ordinanza della Corte di Cassazione n. 23520/2019

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