Personale

Il Tar promuove (con limiti) gli incarichi gratuiti nella Pa

di Alberto Barbiero

La prestazione di lavoro resa a un'amministrazione pubblica da un professionista può essere a titolo gratuito, qualora, però, sia assoggettata a regole molto flessibili e offra vantaggi in termini di arricchimento professionale.
Il Tar Lazio con la sentenza n. 11411/2019 ha nuovamente affrontato il tema del possibile conferimento di incarichi di consulenza senza alcun compenso, ritenendolo possibile a determinate condizioni.

Il fatto
A febbraio 2019, il ministero dell'Economia e delle finanze ha pubblicato un avviso finalizzato a cercare un supporto tecnico a elevato contenuto specialistico di professionalità altamente qualificate per svolgere consulenze a titolo gratuito, sul diritto nazionale ed europeo societario, bancario e dei mercati e intermediari finanziari, in vista anche dell'adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello comunitario.
L'avviso era rivolto a esponenti del mondo accademico e professionisti (richiedendo come requisito di ammissione una consolidata esperienza di almeno cinque anni nel rispettivo settore) e prevedeva una durata biennale del rapporto, senza possibilità di rinnovo e con possibilità per il professionista, di recedere (con preavviso di trenta giorni), fermo restando l'obbligo, per lo stesso, di portare a termine un eventuale studio che avesse iniziato.

La decisione
Il Tar Lazio ha evidenziato anzitutto come l'avviso avesse a oggetto una consulenza eventuale e occasionale (seppure da svilupparsi in un arco temporale di due anni), che, proprio per questa condizione di fondo, non poteva qualificarsi come contratto di lavoro autonomo.
Le modalità di affidamento in base all'articolo 7, comma 6 del Dlgs 165/2001 non sono quindi applicabili, anche in forza della previsione (contenuta nell'avviso) della possibilità, per il professionista, di porre comunque fine unilateralmente all'incarico in qualunque momento.
Secondo i giudici amministrativi, l'obbligo di preavviso di trenta giorni obbedisce a una mera esigenza organizzativa, (in quanto l'amministrazione ha necessità di conoscere preventivamente sull'apporto di quali professionalità nell'esame di questioni rilevanti può contare in un determinato periodo), mentre l'obbligo di concludere l'incarico è funzionale a un'azione della pubblica amministrazione efficace, che persegue il buon andamento (un'interruzione potrebbe, infatti, determinare perdite di tempo e degli apporti qualificati già conferiti dai professionisti che non intendano più portare avanti la consulenza).
I giudici amministrativi hanno anche chiarito come il rapporto non potesse configurarsi come appalto di servizi professionali, in quanto mancavano nell'avviso la previsione del numero ben definito di incarichi da conferire, dell'individuazione puntuale dell'oggetto e della consistenza di ciascun incarico, nonché di una selezione vera e propria, con una graduatoria finale.

Nessun divieto
Sulla base di questi presupposti, il Tar ha affermato quindi la legittimità del carattere gratuito della consulenza, rilevando che nel nostro ordinamento non si rinviene alcun divieto in questo senso.
La sentenza precisa anche che la disciplina dell'equo compenso non si applica, proprio a fronte dell'assenza di un corrispettivo. Nulla impedisce, infatti, al professionista, senza incorrere in alcuna violazione, neppure del Codice deontologico, di prestare la propria consulenza senza pretendere e ottenere alcun corrispettivo in denaro.
Lo stesso può invece in questo caso trarre vantaggi di natura diversa, in termini di arricchimento professionale legato alla partecipazione a eventuali tavoli, allo studio di particolari problematiche e altro, nonché quale possibilità di far valere tutto ciò all'interno del proprio curriculum vitae. Questa situazione di miglioramento professionale riguarda peraltro sia i giovani professionisti, sia i soggetti con maggiore esperienza.

La sentenza del Tar Lazio n. 11411/2019

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©