Personale

Tfr/Tfs, la trattenuta del 2,5% si applica anche ai lavoratori assunti dopo il 2000

di Carmelo Battaglia e Domenico D'Agostino

La Suprema Corte di Cassazione civile, Sezione lavoro, con la sentenza n. 23115/2019, ha affermato che la trattenuta del 2,5%, applicata ai dipendenti in regime di trattamento di Fine Servizio (Tfs), è legittima anche per i lavoratori in regime di Trattamento di Fine Rapporto (Tfr), in quanto serve a mantenere di pari importo le retribuzioni nette e le retribuzioni previdenziali dei dipendenti pubblici, a prescindere dal sistema di calcolo applicato per la determinazione dei compensi da corrispondere agli stessi, a titolo di indennità di liquidazione o di buonuscita, all'atto della cessazione del rapporto con l'Ente/Amministrazione di appartenenza.
È noto, infatti, che il Tfs viene calcolato su una quota dell'80% dell'ultima retribuzione annua utile moltiplicata per gli anni di servizio prestato, mentre il Tfr corrisponde ad un accantonamento, per ogni anno di servizio, pari al 6,91% della retribuzione utile, che, anno dopo anno, viene rivalutato di una percentuale pari al 75% del tasso di inflazione più l'1,5%. Così, mentre il Tfs ha carattere "previdenziale" e i contributi versati all'Inps gravano in parte sul datore di lavoro e per il 2,5% sul lavoratore (ad esclusione dell'Indennità di Anzianità), il Tfr ha carattere di "salario differito" e consiste nell'accantonamento di una quota di salario rivalutato ed erogato alla cessazione del rapporto, motivo per cui è stato soppresso il contributo previdenziale obbligatorio del 2,5% a carico del lavoratore.
Nel caso in esame, il Tribunale di Nocera inferiore aveva accolto il ricorso di una dipendente del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca (Miur), la quale, essendo passata volontariamente dal regime di Tfs a quello di Tfr, in virtù dell'opzione contrattuale esercitata con l'adesione al cosiddetto "fondo espero" – che consentiva, appunto, detto passaggio –, aveva chiesto la ripetizione dell'importo del 2,50% mensile, che considerava illegittimamente trattenuto sul proprio stipendio, in quanto non più giustificato. La Corte d'Appello di Salerno, in riforma della sentenza del Tribunale di Nocera inferiore, ha rigettato la domanda, affermando che la trattenuta operata dal Miur era da considerarsi legittima, perché prevista dalla normativa risultante dall'art. 26, comma 19, della Legge n. 448/1998 e dal successivo Dpcm del 20/12/1999. Avverso detta sentenza la lavoratrice ha proposto ricorso per Cassazione, sollevando questioni di legittimità costituzionale in riferimento al citato art. 26, comma 9, da cui è scaturito il successivo Dpcm del 20/12/1999, il quale stabilisce all'art. 1, comma 3, che per assicurare l'invarianza della retribuzione netta complessiva e di quella utile ai fini previdenziali dei dipendenti in regime di Tfr, la retribuzione lorda viene ridotta in misura pari al contributo previdenziale obbligatorio soppresso e contestualmente viene stabilito un recupero in misura pari alla riduzione attraverso un corrispondente incremento figurativo ai fini previdenziali. Altresì, la ricorrente ha lamentato che la Corte territoriale ha ritenuto legittima l'applicazione di una norma contenuta in un provvedimento di natura regolamentare, che riproduce il contenuto della legge oggetto della pronuncia di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 223/2012.
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato, ricordando che la problematica è stata esaminata dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 213/2018, la quale ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 19, della Legge n. 448/1998, per violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione, nella parte in cui, nel disciplinare il passaggio dei lavoratori, alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni, dal regime di Tfs al regime di Tfr, ha demandato ad un Dpcm il compito di definire, ferma restando l'invarianza della retribuzione complessiva netta e di quella utile ai fini pensionistici, gli adeguamenti della struttura retributiva e contributiva conseguenti all'applicazione del Trattamento di Fine Rapporto. La Consulta ha, infatti, evidenziato che il principio dell'invarianza della retribuzione netta, con i meccanismi perequativi indicati in sede negoziale, mira proprio a garantire la parità di trattamento, nel processo di graduale armonizzazione, e non contrasta con il principio di eguaglianza, né determina la violazione del diritto a una retribuzione sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato, in ragione del trattamento complessivo previsto e non della ponderazione di una sua singola componente.

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