Personale

Falso ideologico e truffa per il dipendente in congedo straordinario retribuito che non presta assistenza

di Andrea Alberto Moramarco

Commette i reati di falso ideologico in atto pubblico e truffa aggravata ai danni dello Stato il dipendente pubblico che chiede il cambio di residenza presso l'abitazione del genitore bisognoso di assistenza, al solo fine di ottenere il congedo straordinario biennale retribuito, in assenza di una effettiva coabitazione e senza prestargli la dovuta assistenza.
Questo è quanto successo nel caso oggetto della sentenza della Cassazione n. 43902, depositata ieri.

I fatti
Protagonista della vicenda è un dipendente pubblico il quale, per poter assistere il padre gravemente malato, chiedeva di poter usufruire del congedo straordinario biennale retribuito, di cui al Dlgs n. 119/2011, previo cambio di residenza anagrafica presso l'abitazione del genitore. Dopo la concessione del beneficio, però, i sopralluoghi effettuati dai Carabinieri e le successive indagini dimostravano che l'uomo dimorava abitualmente in un'altra casa, pur se contigua all'abitazione del padre, e di fatto non gli prestava assistenza specifica ma aiutava sporadicamente una badante che si occupava dei bisogni del genitore.
Tratto a giudizio per rispondere dei reati previsti dagli articoli 483, comma 2, e 640 comma 2 del codice penale, l'uomo veniva condannato dai giudici di merito in entrambi i gradi di merito. La questione finiva così in Cassazione, dinanzi alla quale il dipendente contestava l'interpretazione del concetto di convivenza che, a suo dire, «non può essere ritenuto coincidente con quello di coabitaizone», con la conseguenza che l'accertata stabile frequentazione della casa del padre e l'assistenza comunque da lui fornita fossero elementi sufficienti ad escludere i reati contestati.

La decisione
I giudici di legittimità non sono però dello stesso avviso e dichiarano inammissibile il ricorso, volto ad offrire una diversa ricostruzione dell'accaduto. Per il Collegio, infatti, non rileva il fatto che il dipendente abitasse effettivamente in un appartamento contiguo a quello del padre, in quanto il mero «presupposto della loro oggettiva diversità rende obiettivamente falsa la dichiarazione resa all'ufficiale dell'anagrafe relativa al trasferimento di residenza», ciò bastando per ritenere integrato il reato di falso ideologico in atto pubblico.
Inoltre, puntualizza la Suprema corte, l'assolvimento da parte del figlio di compiti di ausilio al proprio genitore, non esclude il delitto di truffa, in quanto costui non era beneficiario di meri permessi, «ma di un congedo straordinario stabilmente retribuito (che si traduce nella possibilità di non lavorare per quasi due anni percependo ugualmente lo stipendio) che ha requisiti più stringenti», implicando, oltre alla coabitazione, soprattutto «una costante dedizione al parente bisognoso», non risultante nel caso di specie.

La sentenza della Corte di cassazione n. 43902/2019

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