Personale

Commissioni di concorso, Consiglio di Stato più morbido sulle incompatibilità

di Gianluca Bertagna e Salvatore Cicala

Dopo anni caratterizzati da concorsi pubblici indetti con il contagocce, le pubbliche amministrazioni sembrano vivere oggi una nuova fase. La necessità di rinforzare gli organici, ormai all'osso per effetto delle diverse uscite per pensionamenti (non solo per «Quota 100»), ha indotto tantissime amministrazioni ad avviare diverse procedure concorsuali. Procedure concorsuali che dovrebbero aumentare negli enti locali (almeno quelli virtuosi) una volta pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto attuativo del Dl 34/2019 (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 31 gennaio 2020).
È in questo contesto che diventa fondamentale per gli enti gestire correttamente tutte le fasi procedurali dei concorsi per evitare che inutili contenziosi possano produrre l'effetto di allungare i tempi per reclutamento dei neo assunti. E in queste fasi non può non essere posta particolare attenzione alla nomina delle commissioni giudicatrici. Utili indicazioni in questo senso sono contenute nella sentenza del Consiglio di Stato n. 796/2020.

Partecipazione alle commissioni di concorso dei titolari di cariche politiche/sindacali
Non sempre l'atto di nomina di una commissione di concorso che prevede al suo interno un soggetto che ricopre cariche politiche, sindacali o professionali è nullo. Questa la conclusione cui giunge il Consiglio di Stato affermando che il principio di imparzialità dalla partecipazione alle commissioni di concorso dei titolari delle cariche non è ancorato al possesso della mera posizione/qualifica soggettiva degli stessi, ma quanto alla possibilità (garantita dalla carica posseduta) di influire, nell'esercizio dei poteri/prerogative a quella connessi, sulla attività dell'ente che indice la selezione.
Pertanto, nel caso esaminato e in senso opposto a quanto affermato dal giudice di primo grado (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 24 ottobre 2019), un dirigente sindacale che esercita la sua funzione rappresentativa in un diverso ambito territoriale - seppur adiacenti - stante la ristrettezza della comunità di influenza sindacale, può essere legittimante nominato componente di una commissione di concorso.

Le quote rosa
Non è poi scontata la nullità dell'atto di nomina di una commissione di concorso qualora la stessa sia composta da professionisti tutti di sesso maschile.
Per il Consiglio di Stato la mera circostanza che una commissione non rispetti la presenza nel suo interno di almeno un terzo di donne (così come prescritto dall'articolo 9, comma 2, del Dpr 487/1994, a sua volta recepita dal Dlgs 165/2001 nell'articolo 35, comma 1, lettera e) e 57) non è condizione sufficiente per rendere nulla la procedura concorsuale. Occorre che esso si traduca «in una condotta discriminatoria in danno dei concorrenti di sesso femminile» e che la condotta sia debitamente provata.
Nel caso in questione la discriminazione non è stata ipotizzata, visto che, degli 8 vincitori, ben 7 sono donne e che, dei 25 idonei, 19 sono donne.

Rapporti personali di colleganza o di collaborazione con alcuni candidati
Per l'orientamento consolidato della giurisprudenza, nelle procedure concorsuali i componenti delle commissioni esaminatrici hanno l'obbligo di astenersi solo se sussiste una delle condizioni tassativamente indicate dall'articolo 51 del codice di procedura civile, senza che le cause di incompatibilità previste dalla stessa disposizione possano essere oggetto di estensione analogica. Pertanto, l'appartenenza allo stesso ufficio del candidato e il legame di subordinazione o di collaborazione tra i componenti della commissione e il candidato non rientrano nelle ipotesi di astensione di cui all'articolo 51 del Cpc.
Tuttavia, profili di incompatibilità sussisterebbero qualora i rapporti personali tra commissario e candidato assumano un'intensità tale da inficiare l'imparzialità della commissione d'esame.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 796/2020

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