Personale

Il «tempo divisa» è orario di lavoro solo se l'ente obbliga a tenerla durante il servizio

di Gianluca Bertagna e Salvatore Cicala

Qualora il datore di lavoro imponga al lavoratore di indossare la «divisa» durante lo svolgimento della propria prestazione lavorativa, il tempo impiegato per indossarla e dismetterla rientra a tutti gli effetti nel concetto di orario di lavoro e, come tale, dovrà essere computato e retribuito. Questo l'importante chiarimento fornito dal ministero del Lavoro con l'interpello n. 1/2020.

L'istanza di interpello
La richiesta di parere al Ministro del Lavoro (promossa da un'organizzazione sindacale del settore pubblico e più precisamente delle amministrazioni locali) è volta a conoscere se il tempo impiegato dai dipendenti per indossare e dismettere la divisa possa essere incluso nell'orario di lavoro, in particolare in quegli enti in cui vi sia un'assenza, nella disciplina contrattuale nazionale, di specifiche disposizioni al riguardo.
In realtà l'argomento è stato da sempre al centro di rivendicazioni di parte sindacale, la quale si è sempre fatta promotrice dell'interesse dei lavoratori di vedersi riconosciuto il tempo per indossare la divisa come tempo lavorativo e non già come sola diligenza preparatoria all'adempimento dell'obbligazione principale.
La contrattazione collettiva degli enti locali non ha mai voluto, neppure con l'ultima tornata contrattuale, occuparsi del problema «tempo divisa», lasciando così il compito e il dovere ai singoli enti di farlo, generando di conseguenza difformità nei modi di operare.
La stessa Aran a suo tempo interrogata sulla questione (Ral1281), con riferimento al personale di polizia municipale, aveva ritenuto di non prendere una posizione ufficiale, rinviando la risposta al dipartimento della Funzione pubblica (istituzionalmente competente per l'interpretazione delle norme di legge concernenti il rapporto di lavoro pubblico) o al ministero del Lavoro, avendo questi la specifica competenza in materia di corretta applicazione delle disposizioni del Dlgs 66/2003 in materia di orario di lavoro.

La risposta
Il ministero del Lavoro ha rilevato in primo luogo come la definizione di orario di lavoro fornita dal Dlgs 66/2003 (articolo 1) non dia precise e specifiche indicazioni in merito al concetto di «tempo divisa», pertanto, la soluzione al quesito non può che essere rinvenuta nell'orientamento oramai consolidato della Corte di cassazione.
Il parere richiama in primo luogo il principio di diritto espresso dalle Sezioni unite della suprema Corte del 16 maggio 2013 secondo il quale se al lavoratore viene data la facoltà di scegliere il tempo e il luogo dove indossare la divisa o gli indumenti (anche eventualmente presso la propria abitazione, prima di recarsi al lavoro), il tempo impiegato per la vestizione non può essere considerato orario di lavoro. Se, invece, il datore di lavoro ha fornito ai lavoratori determinati indumenti, con il vincolo però di tenerli e di indossarli sul posto di lavoro, il tempo necessario alla vestizione e svestizione rientra a tutti gli effetti nel concetto di orario di lavoro e, come tale, andrà computato e retribuito.
Il Mministero del Lavoro ricorda come a supporto del principio generale sussistono diverse conferme della stessa Corte (quale, da ultimo, l'ordinanza n. 505/2019) oltre all'orientamento espresso dalla Corte di giustizia Ue con sentenza del 10 settembre 2015.
Sulla base di questa ricostruzione, dunque, il tempo necessario per indossare e dismettere la divisa è incluso nell'orario di lavoro solo nel caso in cui l'ente abbia imposto al lavoratore di indossare determinati indumenti dallo stesso forniti, con il vincolo di tenerli sul posto di lavoro. Viceversa, non è riconducibile a orario di lavoro l'ipotesi in cui i lavoratori non siano obbligati a indossare la divisa sul posto di lavoro e non abbiano l'obbligo di dismetterla alla fine dell'orario.

L'interpello del ministero del Lavoro n. 1/2020

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