Personale

Coronavirus: i dubbi delle amministrazioni sulle norme emergenziali in materia di lavoro pubblico

di Luca Tamassia e Angelo Maria Savazzi

Nella pratica operativa continuano a presentarsi dubbi applicativi delle diverse disposizioni adottate a seguito della dichiarazione, con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31.1.2020, dello stato di emergenza nazionale. Proseguono, quindi, le risposte alle innumerevoli incertezze che devono affrontare gli operatori del settore pubblico, sorti nell’applicazione delle diverse disposizioni che, pur presentandosi singolarmente chiare, vanno tra di loro armonizzate e coordinate con le norme in materia di lavoro pubblico, con le disposizioni civilistiche e con i contratti collettivi nazionali. Ecco alcuni dei dubbi più diffusi manifestati dagli enti:

Il Comune dove lavoro in Sardegna ha pubblicato il 10 marzo un concorso per n. 1 posto di assistente di biblioteca con scadenza del termine di presentazione delle domande a 30 giorni dalla pubblicazione del bando. Nel frattempo sono intervenute: 1) la sospensione dei termini delle procedure concorsuali come previsto dall’art. 103, Dl n. 18 del 17.03.2020 e 2) la proroga dei termini al 31 luglio 2020 ai sensi dell’articolo 2 comma 4 della Legge di Stabilità approvata dal Consiglio Regionale della Sardegna dell'11 marzo 2020 che recita testualmente “a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e in considerazione del blocco dell'attività amministrativa degli uffici della Regione autonoma della Sardegna e di quelli delle amministrazioni locali, i termini di scadenza relativi a qualsiasi bando, procedure concorsuali, avvisi pubblici, presentazione di rendicontazioni da parte di enti pubblici e/o privati cittadini, relativi a qualsiasi fonte di finanziamento sono prorogati al 31 luglio 2020”. È stato dichiarato in Sardegna lo stato di emergenza fino al 31.07.2020. In tale situazione prevale la norma regionale e quindi la scadenza per la presentazione delle domande è il 31.07.2020?
Ai fini di ricostruire il quadro di riferimento giuridico che governa le competenze in materia di adozione di misure normative di contrasto alla pandemia in atto, occorre fare riferimento alle norme recate dal Dl 23.2.2020, n. 6, convertito in legge 5.3.2020, n. 13, con particolare riferimento all’art. 3, commi 1 e 2, del decreto-legge stesso. Tali disposizioni, infatti, testualmente prescrivono che " 1. Le misure di cui agli articoli 1 e 2 sono adottate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti per materia, nonché i Presidenti delle regioni competenti, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino il territorio nazionale. 2. Nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1, nei casi di estrema necessità ed urgenza le misure di cui agli articoli 1 e 2 possono essere adottate ai sensi dell'articolo 32, Legge 833/1978, dell'articolo 117, Dlgs 112/1998, e dell'articolo 50 Tuel.
Le misure adottate ai sensi del presente comma perdono efficacia se non sono comunicate al Ministro della salute entro ventiquattro ore dalla loro adozione.”. La norma, infatti, prescrive che le misure normative con carattere di urgenza e di natura generale finalizzate al contrasto diffusivo del coronavirus siano adottate con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, affidando, ai Presidenti delle Regioni nella sola ipotesi in cui attengano esclusivamente alla Regione di competenza o ad alcune Regioni, nel qual caso la competenza resta, comunque, in capo ai rispettivi orari di vertice. La disposizione legislativa, poi, prosegue statuendo, al comma 2, che la competenza dei Presidenti delle Regioni, in materia di igiene e sanità pubblica, può essere esercita esclusivamente a due condizioni, ovvero: 1) nelle more dell’adozione dei provvedimenti d’urgenza ad opera del Presidente del Consiglio dei Ministri e 2) nelle situazioni di estrema necessità ed urgenza che il fenomeno impone nell’ambito regionale di competenza. Il richiamo normativo che, infine, viene operato dalla disposizione legislativa alle norme della legge 833/1978 e del Dlgs 112/1990 sta ad indicare, inequivocabilmente, che tali poteri sono esercitabili, dai Presidenti delle Regioni, nei limiti e con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale, nonché che l'adozione dei provvedimenti d’urgenza in materia igienico-sanitaria spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali.
Stante il quadro normativo sopra delineato, pertanto, la competenza generale e primaria all’adozione di misure urgenti per scongiurare il rischio di contagio diffusivo da COVID-19 spetta prioritariamente al Governo, mentre alle Regioni è affidato un compito di assunzione di adeguate azioni locali di contrasto che, per espressa previsione normativa e per intuibili ragioni di coordinamento degli interventi, hanno carattere recessivo nel momento in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri adotti le misure nazionali necessarie. Tale assetto di competenze e di conseguenti azioni, infatti, appare il più coerente anche con il perimetro definito dalla nostra Carta costituzionale, la quale, all’articolo 117, comma 2, prevede la forma della legislazione concorrente nella materia della salute pubblica, da esercitarsi, da parte delle Regioni, nei limiti dei principi fondamentali dettati dallo Stato, di cui la normazione legislativa sopra richiamata costituisce espressione.
Ciò esaminato, pertanto, si ritiene che, avendo, il Governo, adottato le misure d’urgenza in grado di arginare la diffusione da contagio pandemico contenute nel Dl 17.3.2020, con particolare riferimento alla sospensione disposta, per le procedure concorsuali, dall’articolo 87, comma 5, del predetto Dl, il quale testualmente prescrive che "5. Lo svolgimento delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego, ad esclusione dei casi in cui la valutazione dei candidati sia effettuata esclusivamente su basi curriculari ovvero in modalità telematica, sono sospese per sessanta giorni a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto. Resta ferma la conclusione delle procedure per le quali risulti già ultimata la valutazione dei candidati (…)”. Trattandosi, pertanto, di misura avente chiara natura di azione di contrasto alla pandemia in atto (vedi il comma 1 dell’art. 3, Dl 6/2020) ed in considerazione di quanto sopra detto in relazione al riparto di attribuzioni tra diversi livelli di governo competenti all’adozione di tali misure, nonché del carattere transitorio e recessivo delle misure adottate dalle Regioni in materia di contrasto alla diffusione del coronavirus, si ritiene che le disposizioni statali abbiano determinato, anche con riguardo alla legislazione delle Regioni a statuto speciale, la ritrazione delle disposizioni adottate dalla Regione Sardegna intervenute nello specifico ambito di regolazione statale

Il dubbio che nasce nell’utilizzo del personale dei nidi e delle materne è legato al particolare profilo professionale delle dipendenti, in quanto educatrici dell'asilo nido e a quanto stabilito dall'art. 31 comma 5 del Ccnl 14.09.2000
In relazione a quanto prescritto dall’articolo 31, comma 5, del Ccnl 14.9.2000, è da ritenere che la previsione contrattuale attenga ad una situazione del tutto normale ed ordinaria di funzionamento dei servizi e non ad un evento emergenziale come quello che stiamo attraversando, nell’ambito del quale si deve ritenere che il personale possa essere utilizzato, compatibilmente con i contenuti professionali del ruolo ricoperto, anche in altri servizi dell’amministrazione, tenuto conto che il principio generale accolto dal nostro sistema giuridico è rappresentato dall’equivalenza professionale nel contesto della categoria di ascrizione, per il quale, infatti, tutte le funzioni previste dalla categoria d'inquadramento sono esigibili dal lavoratore. Tutto ciò, ovviamente, laddove sussista la stretta ed assoluta necessità di mantenere in servizio tale personale alla luce di quanto già detto con riferimento alle prescrizioni dettate dall’articolo 87, Dl 18/2020. 

L'Amministrazione comunale può esentare motivatamente dal servizio una dipendente che non opera in alcuno dei servizi essenziali previsti dalle ultime disposizioni per il contenimento del Covid-19 e che non ha ferie pregresse né altri tipi di permessi/congedi etc. essendo stata, tra l'altro, appena assunta? In caso affermativo tale esonero costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge?
In base al vigente ordinamento emergenziale, la circostanza che la lavoratrice non operi nell’ambito dei servizi essenziali non appare sufficiente al fine di escludere la prestazione lavorativa. Infatti, l’art. 87, commi 1 e 3, Dl 17.3.2020, n. 18, prescrive espressamente che " 1. Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, (…) il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, Dlgs 165/2001, che, conseguentemente: a) limitano la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell'emergenza; (…) 3. Qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, anche nella forma semplificata di cui al comma 1, lett. b), le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva. Esperite tali possibilità le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio. Il periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge e l'amministrazione non corrisponde l'indennità sostitutiva di mensa, ove prevista. (…).”. Come si può evincere dalla riportata norma, pertanto, la lavoratrice, laddove vi siano le condizioni prescritte dalla legge, può essere adibita a servizi indifferibili che richiedono la necessaria presenza sul luogo di lavoro, anche in funzione di assicurare servizi essenziali correlati all’emergenza da coronavirus. Laddove non sia assolutamente necessario mantenere il servizio la dipendente, anche mediante l’impiego dello smart working quale modalità di fornitura della prestazione lavorativa, e non sia oggettivamente possibile impiegare istituti retribuiti o indennizzati, legali e contrattuali, giustificativi dell’assenza dal lavoro, non resterà, come forma del tutto residuale ed eccezionale, che collocare la dipendente in esonero lavorativo ai sensi della predetta disposizione legislativa. Si evidenzia, tuttavia, che tale collocamento dovrà essere accompagnato dall’adozione di un apposito provvedimento datoriale (di natura civilistica) che riporti le adeguate motivazioni che supportano l’applicazione dell’istituto esonerativo, tenuto conto che tale esenzione determina l’obbligo, per l’amministrazione, di considerare il periodo interessato alla stregua di servizio prestato ad ogni effetto di legge, anche ai fini retributivi, ancorché in assenza della prestazione lavorativa.

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