Personale

Speciale Dl Anticrisi - La flessibilità oraria si affianca allo smart working

di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan

Il Decreto anticrisi conferma il lavoro agile quale modalità ordinaria per rendere la prestazione da parte dei dipendenti pubblici, ma spinge l'acceleratore sulla flessibilità dell'orario per evitare gli assembramenti negli uffici. Così possono essere riassunte le disposizioni contenute nel nuovo decreto legge di maggio che interessano l'attività della Pa.

L'impianto resta inalterato rispetto a quello già disegnato nel Dl 18/2020, ma deve essere adeguato per rispondere alle nuove esigenze che stanno emergendo nella Fase 2. La riapertura di alcune attività produttive e commerciali non deve cogliere impreparata la pubblica amministrazione, la quale, in ogni caso, non può continuare a gestire i propri servizi come in pieno lockdown. La ripartenza richiede, necessariamente, un maggior coinvolgimento degli sportelli pubblici, che devono rispondere alle istanze e alle segnalazioni dei privati, evidenzia la norma, in modo da garantire la celere conclusione dei procedimenti.

In questo contesto, la prima operazione da mettere in atto è rappresentata da una revisione di quelle attività indifferibili che richiedono la presenza nei luoghi di lavoro previste nell'articolo 87 del decreto «Cura Italia». Allora si era verso la metà di marzo, nel culmine dell'emergenza epidemiologica, e la parola d'ordine era rappresentata dal «tutti a casa» e, quindi, anche l'attività della Pa era ridotta ai minimi termini. Oggi, in presenza di una graduale riapertura delle attività produttive, si devono aggiungere all'elenco delle attività indifferibili tutte quelle prestazioni connesse alle esigenze delle imprese. Senza dubbio, il primo loro interlocutore è rappresentato dagli sportelli unici. Appare chiaro che, in questo contesto, è l'organizzazione della singola amministrazione che suggerisce quali siano gli uffici interessati. Sembra che sia stata portata a livello normativola direttiva n. 3/2020 della Funzione pubblica, in cui contenuto è del tutto analogo a quello del decreto anticrisi.

Per procedere in questo senso e dovendo comunque garantire la limitazione della presenza in servizio dei lavoratori, la Pa deve ricorrere alla flessibilità di orario, su base giornaliera e settimanale. Flessibilità che si può tradurre con l'alternanza nel luogo di lavoro dei dipendenti in parte al mattino e in parte al pomeriggio, alcuni in determinati giorni della settimana, altri nelle restanti giornate, ricordando che risulta tutt'oggi applicabile il principio della rotazione. Se così descritto sembra tutto facile, al contrario sorgono una serie di problemi pratici. Un primo ostacolo è rappresentato dall'applicazione della disposizione ai dipendenti in part time, la cui articolazione dell'orario è elemento essenziale del contratto individuale di lavoro. Questa norma piega il principio generale alle esigenze di lotta al Covid-19? E ancora: il contratto prevede un'articolazione oraria anche plurisettimanale. Questa risulta inapplicabile in quanto non espressamente richiamata? Il tutto, deve scontare una qualche forma di relazione sindacale, anche se il decreto non la prevede?

Un ulteriore elemento di novità è rappresentato dall'arco temporale di applicazione delle nuove disposizioni. Fino a oggi si faceva costantemente riferimento al periodo di emergenza epidemiologica, per il quale era prevista la conclusione al 31 luglio 2020, così come disposto dal Consiglio dei Ministri, con delibera dello scorso 31 gennaio. Con il nuovo decreto, il quadro normativo sarà applicabile fino al 31 dicembre 2020, con una conseguente programmazione di medio termine da parte delle singole Pa.

Infine, per raggiungere gli obiettivi, è assicurato un percorso formativo al personale dirigente la cui attuazione sarà valutata ai fini della performance.

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