Personale

Decreto Anticrisi - Ritorno alla valutazione delle performance nella logica sanzionatoria

di Luca Tamassia e Angelo Maria Savazzi

Il decreto legge Anticrisi, varato dal governo nei giorni scorsi, contiene diverse misure che riguardano il rapporto di lavoro pubblico e utilizza, nell’articolato, reiteratamente e per ben dieci volte il termine “performance”.
Ci sarà tempo per esaminare le diverse disposizioni coinvolte, che non sono, certamente, una novità da quando il Dlgs 150/2009 ha sdoganato, per la prima volta, il termine “performance” in un testo legislativo, per poi essere utilizzato, a piene mani, ogni volta che il legislatore ha ritenuto che, per rendere più efficace l’attuazione di una norma, fosse necessario accompagnarla dalla rilevanza ai fini della valutazione individuale; quasi sempre, poi, ciò viene enfatizzato anche con la previsione espressa della responsabilità dirigenziale e/o disciplinare nel caso di inadempimento.
Il lavoro agile è un esempio di come tali tipi di previsioni non determinino, di per sé, una maggiore efficacia delle norme; infatti la previsione contenuta nell’art. 14, comma 1, della legge n. 124/2015 ha avuto un’effettiva attuazione sperimentale solo nelle amministrazioni lungimiranti, in verità poche. La norma, peraltro, si presentava con una carica “innovativa” rispetto alle altre previsioni dello stesso tenore ed in particolare:
1. assegnava un obiettivo ben definito il quale prevedeva che, entro tre anni, almeno il 10% dei dipendenti, ove lo avessero richiesto, avrebbero potuto accedere alla modalità di svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile;
2. per conseguire l‘obiettivo di cui al punto precedente l’amministrazione avrebbe dovuto definire obiettivi annuali intermedi;
3. il raggiungimento degli obiettivi, come descritti ai punti precedenti, avrebbero dovuto costituire “oggetto di valutazione nell'ambito dei percorsi di misurazione della performance organizzativa e individuale”;
4. infine, le amministrazioni pubbliche avrebbero dovuto individuare specifici indicatori per misurare l’impatto delle misure organizzative adottate in tema di conciliazione dei tempi di vista e di lavoro dei dipendenti, adeguando “i propri sistemi di monitoraggio e controllo interno”.
Ma la storia della pandemia insegna che la straordinaria emergenza sanitaria è stata paradossalmente più efficace nel favorire istituti che, da tempo, troppo tempo, erano rimasti solo sulla carta.
La misurazione e la valutazione della performance individuale del personale dirigente è, dunque, anche con il decreto “Rilancio”, oggetto di particolare attenzione del legislatore che vede, nel sistema e nel processo di valutazione, una leva importante, in molti casi l’unica leva, per favorire l’attuazione di alcune norme. Le disposizioni di legge, dalle quali il legislatore fa discendere la rilevanza ai fini della valutazione della performance individuale dei dirigenti, continuano ad avere una portata che questo ulteriore intervento ha confermato o, addirittura, potenziato.
Una prima importante considerazione riguarda l’appropriatezza della leva valutativa per spronare all’attuazione di norme, evitando di utilizzare altri strumenti che, propriamente, sarebbero più adatti per perseguire le finalità che il legislatore si propone e con l’effetto di sovraccaricare, in modo improprio, il processo valutativo.
Il rischio evidente è che, ogni volta che per spingere all’attuazione di una norma se ne sanciscono gli effetti sulla valutazione individuale, la valutazione rischi di diventare un contenitore indistinto di effetti sanzionatori, dove tutto è rilevante e non svolge, quindi, propriamente, il compito di orientare l’azione dei dirigenti e delle strutture verso l’attuazione delle priorità strategiche definite dall’organo di indirizzo politico-amministrativo, polverizzando, in mille rivoli, gli elementi che il valutatore deve esaminare. L’effetto distorsivo che si viene, in tal modo, a produrre, infatti, è rappresentato dall’utilizzo dello strumento valutativo nell’accezione sanzionatoria, nulla di più lontano rispetto al ruolo ed alla funzione educatrice della valutazione nel sistema ordinamentale delle amministrazioni pubbliche.
Accanto a questa criticabile sovraesposizione dei sistemi valutativi, emerge, altresì, l’incapacità delle amministrazioni di approntare gli opportuni strumenti organizzativi, informativi ed informatici per misurare quanto la norma richiede di valutare, con il paradosso finale che, per un verso, la norma impone la rilevanza e, dall’altro, il valutatore non ha strumenti per verificare il livello di attuazione e la riconducibilità alla posizione del singolo dirigente, con il rischio evidente che le corrispondenti norme risultino fortemente depotenziate.
Questo modo di procedere del legislatore se, da un lato, arricchisce il processo di valutazione, dall’altro lato pone alcuni problemi che devono essere affrontati:
- quale sia l’organo competente ad operare le ulteriori misurazioni e valutazioni richieste dalla normativa;
- in quale momento del processo di valutazione si debbano considerare le ulteriori indicazioni normative;
- come opera nel complessivo sistema di assegnazione degli obiettivi, se, cioè, si tratta di una inserzione automatica di obiettivi o se, stabilita la valutazione in base agli obiettivi assegnati, si debba operare un ulteriore passaggio per verificare se siano state rispettate le prescrizioni legislative.
In tutti i casi è necessario che il titolare del potere valutativo (l’organo di indirizzo politico-amministrativo o i dirigenti) “interpreti” il comportamento da valutare (che il legislatore chiede di “sanzionare”), al fine di stabilire il grado della rilevanza legato anche alla misura del concorso del dirigente al mancato rispetto della norma. In quest’ultimo caso si pone un ulteriore problema: il concorso del dirigente al mancato rispetto della norma deve essere posto in immediata relazione con i compiti assegnati al dirigente nell’ambito del ruolo che riveste o può essere anche indiretto? Ed ancora: qualora non sia possibile identificare, in maniera precisa, i dirigenti che hanno concorso al mancato rispetto della norma è possibile estendere gli effetti sanzionatori (la non erogazione della retribuzione di risultato) a tutti i dirigenti dell’Ente, indipendentemente dalle singole responsabilità connesse alla specifica attuazione della norma?
Infine, un problema cruciale che, in verità, pervade l’intero sistema valutativo: come ci si deve comportare nell’ipotesi in cui, rispetto alla prescrizione normativa, l’amministrazione non abbia approntato i necessari presidi di misurazione in grado di rendere conoscibile il rispetto della prescrizione e la riconducibilità al singolo dirigente? Proprio su quest’ultimo aspetto già il Consiglio di Stato (parere n. 917/2017 espresso, nella seduta dell’11.4.2017 della Commissione speciale e pubblicato il 21.4.2017, sulla bozza di Dlgs confluito nel Dlgs 74/2017) aveva avuto modo di rilevare come sia necessario superare i sistemi di valutazione “sostanzialmente fondati su autodichiarazioni delle strutture interessate” e la necessità che gli stessi siano supportati da un sistema informatico, anche in adempimento della previsione dell’art. 40, comma 1, Dlgs 82/2015 (Codice dell’amministrazione digitale), che sia alimentato, direttamente ed in modo automatico, dal sistema del controllo di gestione e di gestione del bilancio. Inoltre, l’Organo di giustizia amministrativa ha affermato che “i moduli analogici di misurazione, comunque facilmente manipolabili, appaiono inidonei a fornire dati utili per la valutazione”. Se tutto ciò è vero, in generale lo è ancor più rispetto alle prescrizioni normative cui si fa riferimento nel presente intervento. Non va sottaciuta, quindi, l’esigenza che il dipartimento della Funzione pubblica, nell’ambito dei compiti che gli sono stati affidati in materia di valutazione della performance, effettui una ricognizione unitaria delle ormai decine di disposizioni, sparse in diversi testi normativi, che prevedono la rilevanza ai fini della valutazione individuale.

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