Appalti

Strade, ticket, ambiente e fondi, tutti i nodi verso Palazzo Chigi

Il ministero delle Infrastrutture non ha nessuna intenzione di regionalizzare le concessioni di strade e autostrade e ferrovie. Quello dell’Ambiente ha risposto «non possumus» alla richiesta di affidare alle Regioni le regole sulle bonifiche e soprattutto sulle valutazioni decisive (Via e Vas) che si effettuano quando si tratta di autorizzare un impianto industriale o qualsiasi altro progetto edilizio importante. Il ministero della Salute si tiene strette la disciplina su ticket e tariffe. E quello dell’Ambiente non cede sulle Sovrintendenze. Sulla scuola l’idea dei ruoli regionali per i nuovi insegnanti in Lombardia e Veneto (anticipata sul Sole 24 Ore del 29 gennaio) ha trovato un punto d’incontro fra governo e regioni, ma scatena la rivolta dei sindacati. E con tanti punti interrogativi in circolo non può arrivare l’ultima parola, o meglio l’ultima cifra, del più importante dei ministeri: quello dell’Economia. Per capire quanto vale la spesa da trasferire sul territorio bisogna infatti mettere al loro tutte le tessere del mosaico. Definite nel dettaglio le materie da assegnare alle regioni si possono indicare i numeri, che nei primi anni saranno basati sulla spesa storica, cioè sulle uscite che oggi lo Stato in ogni territorio dedica a ciascuna delle competenze in via di trasloco alle regioni. Poi bisognerà definire i parametri standard per garantire il finanziamento dei «livelli essenziali delle prestazioni», che potrebbero cambiare davvero la geografia della spesa pubblica. Ma sarebbe solo l’ultima tappa di un percorso che ancora prima di cominciare sta incendiando il dibattito fra un Nord che chiede di trattenere più risorse e un Mezzogiorno che teme la fine della solidarietà finanziaria nazionale. Timori accresciuti dalla richiesta regionale, anche qui soprattutto di Lombardia e Veneto, di ancorare gli standard alla «capacità fiscale» dei territori. Ma è difficile che un criterio così costruito possa farsi largo davvero nel testo finale.

Le tante incognite che accompagnano il viaggio dell’autonomia differenziata per Lombardia, Veneto ed Emilia verso il consiglio dei ministri di venerdì rendono impossibile chiudere il dossier il 15, come previsto dal calendario rilanciato dal leader della Lega Matteo Salvini sotto Natale. Perché molti nodi andranno sciolti direttamente a Palazzo Chigi. E perché il testo, una volta sistemato, potrebbe essere indirizzato alle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato e alla bicamerale sul federalismo prima della firma delle intese, per far crescere il ruolo di un Parlamento che altrimenti rischia di fare il passacarte degli accordi fra governo e regioni. In queste settimane l’andirivieni dei dossier tecnici tra un ministero e l’altro è stato fittissimo. Ma in gioco ci sono oltre 200 funzioni amministrative. E dovrà essere il premier Conte a tracciare la linea su un terreno che diventa sempre più scivoloso per la maggioranza. Nella prima fila nordista del Carroccio la pazienza è agli sgoccioli e dal Veneto, dove l’agitazione della base leghista è più forte, il governatore Luca Zaia deve rimodulare le proprie ambizioni sul calendario: «L’intesa deve arrivare prima delle Europee», ha spiegato ieri fissando un termine più lontano dei precedenti. Nel frattempo nel Movimento Cinque Stelle il magro risultato elettorale abruzzese fa aumentare mal di pancia speculari sui “cedimenti” a una linea nordista che al Sud scatena gli allarmi sul rischio di perdere ulteriori fondi.

A complicare il tutto c’è il fatto che accanto alla battaglia politica se n’è giocata una tecnica, per certi versi ancora più dura, che ha opposto i “regionali” ai dirigenti di prima linea dei ministeri, in modo trasversale al colore politico di chi li guida. Ai Beni Culturali, per esempio, c’è il leghista Bonisoli. Ma la competenza diretta sulle sovrintendenze, chiesta a gran voce da Lombardia e Veneto, non riesce a uscire da piazza del Collegio Romano. Le offerte alternative su musei, patrimonio culturale e biblioteche sono piovute, ma non hanno smosso di un millimetro la posizione dei governatori. La ministra degli Affari regionali, Erika Stefani, non potrà far altro che portare la questione in consiglio dei ministri. E lo stesso dovrà fare sul capitolo Ambiente, che non ha nessuna intenzione di cedere poteri sulla Valutazione d’impatto (Via) e sulle regole di temi delicati come rifiuti speciali e bonifiche. Alla Salute non piace la libertà totale su ticket e tariffe pretesa dal Lombardia e Veneto, mentre le Infrastrutture sono disposte a cedere solo le strade a suo tempo passate dalle regioni all’Anas.

Quindi? La prima conseguenza è che dal consiglio dei ministri difficilmente uscirà un testo finale, perché la proposta da presentare alle regioni per l’intesa andrà adeguata alle decisioni che si prenderanno nella riunione. Dopo di che bisognerà vedere che cosa risponderanno i governatori.

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