Appalti

Clausole di territorialità nel «mirino» del Consiglio di Stato

di Pietro Verna

Nel caso di un appalto per l'affidamento del servizio di riparazione, manutenzione e revisione di automezzi del Comune, deve ritenersi illegittima la clausola del bando che richieda alle imprese partecipanti, come requisito di ammissione alla partecipazione, la disponibilità di un'officina ubicata nel territorio dell'Ente locale. La richiesta di questo requisito sin dalla data di presentazione della domanda anziché dopo l'aggiudicazione equivale a riservare la gara alle sole imprese che già operano nel territorio, in palese violazione dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento richiamati dal codice dei contratti pubblici e dai principi cardine del trattato Ce.
Sulla base di questo principio il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 605/2019, ha ribaltato la decisione del Tar delle Marche. Il Tar aveva respinto il ricorso proposto da una società consortile operante nel settore dell'assistenza tecnica dei veicoli aziendali contro l'avviso di indagine di mercato avviata dalla centrale unica di committenza, istituita fra i comuni di Falconara Marittima, Chiaravalle e Camerata Picena, per l'affidamento del servizio di manutenzione e revisione periodiche degli automezzi comunali. Indagine alla quale avrebbero potuto partecipare soltanto le imprese «in possesso, al momento della presentazione dell'offerta, di un'officina con sede operativa nel Comune di Falconara Marittima».
Il Tar aveva ritenuto la clausola ragionevole, «sarebbe contrario al principio di proporzionalità costringere il Comune a portare i propri mezzi – anche per i controlli più banali in un'officina che [ …] potrebbe essere situata anche a centinaia di chilometri dalla sede dell'ente», ma secondo il ricorrente sarebbe stata limitativa della concorrenza, trattandosi, in concreto, di una causa di esclusione non prevista dall' articolo 83 (Criteri di selezione e soccorso istruttorio) del Dlgs 50/2016 «Codice dei contratti pubblici» nonché foriera di «discriminazione territoriale fra operatori economici».

La sentenza di Palazzo Spada
Costituitasi in giudizio dinnanzi al Consiglio di Stato, la centrale di committenza aveva eccepito che la clausola di territorialità non avrebbe leso i principi di par condicio e di massima partecipazione alle gare «non essendo richiesta la proprietà [dell'officina] , ma la sola generica disponibilità, peraltro dimostrabile […] attraverso accordi commerciali», rilevando altresì che questa clausola sarebbe stata «un requisito attinente alla capacità tecnico professionale» previsto fra i criteri di selezione previsti dall'articolo 83, comma 1, del Dlgs 50/2016 «I criteri di selezione riguardano esclusivamente: a) i requisiti di idoneità professionale; b) la capacità economica e finanziaria; c) le capacità tecniche e professionali».
Argomentazioni che il giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto prive di pregio. L'Alto Collegio infatti, pur ritenendo necessaria la prossimità dell'officina e prendendo atto che la clausola di territorialità nel riferirsi al possesso del locale non ne richiede la proprietà ma la mera disponibilità, ha tuttavia rilevato che questo requisito «è espressamente qualificato dalla lex specialis come requisito di partecipazione ai fini della gara». Quindi la clausola avvantaggia le imprese del posto a scapito delle altre, obbligando queste ultime a sostenere spese per il reperimento degli immobili idonei allo scopo «in vista di una solo possibile ma non certa acquisizione della commessa». Ragion per cui la richiesta di questo requisito sarebbe stata legittimamente esigibile soltanto verso il concorrente risultato aggiudicatario come condizione per la stipula del contratto, «attualizzandosi in quel momento l'interesse dell'amministrazione a che il contraente abbia a disposizione una struttura per assicurare la continuità del servizio».

Orientamento giurisprudenziale
La pronuncia conferma l'indirizzo giurisprudenziale in tema di clausole di territorialità (Consiglio di Stato n. 5929/2017 e Tar Campania n. 2083/2018). In quest'ultima pronuncia il Tar ha ritenuto illegittima la clausola di un bando di gara per l'affidamento del servizio di refezione scolastica che richiedeva alle imprese partecipanti, come requisito di ammissione, la disponibilità di un centro di cottura ubicato nel territorio comunale giacché «in caso contrario si configurerebbe una violazione sia del principio di non discriminazione, sia del principio di parità di trattamento richiamati dall'articolo 2 del codice dei contratti pubblici». Ciò senza considerare quanto affermato dalla Corte di giustizia Ue per la quale il principio della parità di trattamento vieta non solo le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza «ma qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di distinzione, pervenga in effetti al medesimo risultato» (sentenza 13 luglio 1993).

La sentenza del Consiglio di Stato n. 605/2019

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