Appalti

Omesso esercizio dei poteri di socio, decide la Corte dei conti anche se la società non è in house

di Michele Nico

In tema di giurisdizione contabile, l'azione di responsabilità per danno erariale si configura nei confronti di colui che, nella veste di rappresentante dell'ente pubblico o comunque titolare del potere di decidere per esso, abbia trascurato colpevolmente l'esercizio dei poteri di socio pregiudicando il valore della partecipazione, a prescindere dalla natura (in house o meno) della società partecipata. Questo il principio affermato dalla Corte di cassazione, a Sezioni unite, con la sentenza n. 4132/2019, per ribadire la giurisdizione della Corte dei conti in ordine al danno derivante da 2 operazioni illecite di finanziamento per l'importo complessivo di 700mila euro, operazioni effettuate, in entrambi i casi, da una società interamente partecipata da un Comune nei confronti di una controllata di secondo grado, a titolo di aumento in conto futuro di capitale sociale.

Le decisioni dei giudici contabili
Ad avviso del procuratore contabile che ha citato in giudizio il Sindaco, alcuni consiglieri comunali e il dirigente al bilancio del Comune, il primo finanziamento erogato risultava in contrasto con i principi di buona amministrazione, mentre il secondo veniva disposto dall'ente in violazione dell'articolo 6, comma 19, del Dl 78/2010 convertito dalla legge 122/2010 (divieto di erogare risorse a società con perdite reiterate di bilancio).
In primo grado, la sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti ha rigettato la domanda di condanna per danno erariale sulla base della considerazione che la società in mano all'ente locale non aveva i requisiti della società in house, dichiarando competente per il giudizio il giudice ordinario.
Di contro, la prima Sezione giurisdizionale centrale d'Appello della Corte dei conti ha affermato la giurisdizione del giudice contabile, rinviando gli atti a questo per la pronuncia sul merito.

La decisione della Cassazione
I supremi Giudici hanno confermato quest'ultima decisione affermando che la distinzione tra società in house e società non in house ha rilievo sotto il profilo della qualificazione del danno, che si configura come danno erariale solo in caso di pregiudizio cagionato al patrimonio della società in house, dacché altrimenti il danno, anche se in presenza di una partecipazione pubblica totalitaria, esula dalla nozione di Pa e resta confinato nel patrimonio sociale, per l'assenza di un rapporto di delegazione interorganica tra l'ente e l'organismo partecipato.
In questa logica, il danno arrecato dagli organi della società al patrimonio sociale non è idoneo, di regola, a radicare l'azione di responsabilità presso la Corte dei conti, fatta salva l'ipotesi della società in house, che non si pone in rapporto di alterità con la Pubblica amministrazione ma opera come longa manus di quest'ultima, per cui il danno sofferto dalla società è direttamente riferibile all'ente pubblico.
Va pur detto che l'azione di responsabilità è stata esercitata dalla procura contabile non già contro gli organi di una partecipata, bensì nei confronti del Sindaco, dei consiglieri e del dirigente comunale per i danni arrecati al patrimonio dell'ente in termini di minori dividendi maturati dalla società e da questa distribuiti al socio unico.
Le sezioni unite hanno affermato che la competenza giurisdizionale della Corte dei conti prescinde dalla natura in house o meno della partecipata, in quanto – secondo la ratio legis cui si ispira l'articolo 12 del Dlgs 175/2016 – il raggio d'azione del giudice contabile si estende a qualsiasi condotta che, con colpa grave, abbia intaccato l'integrità delle risorse amministrate dalla Pa.

La sentenza della Corte di cassazione n. 4132/2019

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