Appalti

Inderogabile la soglia di fatturato per le società in house

di Michele Nico

Il testo unico delle società partecipate (Dlgs 175/2016), non ha modificato il codice dei contratti (Dlgs 50/2016), ma ha assunto i criteri di esclusione di questo codice come criteri propri allo scopo di definire le caratteristiche delle società in house, e renderle soggetti che possono ricevere, in presenza delle circostanze prescritte, affidamenti diretti dall'ente socio. Questo il principio affermato dalla Corte dei conti della Lombardia, con la delibera n. 89/2019.

Il quesito
Un Comune ha chiesto se quanto disposto dall'articolo 4, comma 4, del Dlgs 175/2016, sia idoneo o no a derogare la soglia minima di fatturato prevista in capo alle società in house, per poter beneficiare degli affidamenti senza gara.
Nello specifico questo disposto, dopo aver sancito l'«oggetto sociale esclusivo» delle società in house, stabilisce che «salvo quanto previsto dall'articolo 16, queste società operano in via prevalente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti».
Di qui il quesito posto alla Sezione per sapere se il mero richiamo all'«attività prevalente» previsto dal comma 4 dell'articolo 4, in alternativa alla menzione del limite del fatturato minimo dell'80 per cento (articolo 16), possa legittimare un ampliamento del raggio di azione sul mercato da parte delle società in house, ove queste siano dotate di «oggetto sociale esclusivo» nei termini prescritti dal comma 2 del medesimo articolo 4.

La base normativa
I giudici eseguono un'accurata ricostruzione del dettato normativo, evocando in primo luogo l'articolo 5 del Dlgs 50/2016, che richiama l'accezione di «controllo analogo» (in parte innovativa) introdotta dalle direttive Ce del 2014, secondo cui una concessione o un appalto non rientra nell'ambito di applicazione del codice dei contratti quando sono soddisfatte le seguenti condizioni:
a) l'amministrazione aggiudicatrice esercita sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;
b) oltre l'80 per cento dell'attività del gestore è svolta per l‘ente controllante;
c) nel soggetto controllato non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati «a eccezione di forme di partecipazione di capitali privati previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata.»
L'articolo 16 del Dlgs 175/2016 recepisce questo impianto normativo, che delinea lo scenario entro il quale possono avere luogo gli affidamenti in house, in deroga alle procedure di scelta del contraente con le regole di evidenza pubblica previste dal codice dei contratti.
Per inciso, l'articolo 4 del Dlgs 50/2016 prevede una disciplina di rigore per legittimare l'eccezione alla regola, stabilendo che l'affidamento dei contratti pubblici aventi a oggetto lavori, servizi e forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione del codice, debba avvenire nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica.

L'analisi della Corte
La Sezione lombarda ha precisato lo spirito della norma riguardo al limite previsto al suddetto punto b), affermando che «il vincolo dell'80% del fatturato prodotto a favore del socio controllante è (…) da ricercarsi nella volontà del legislatore comunitario e nazionale in materia di regolarità dei sistemi di affidamento di appalti e concessioni, onde evitare elusioni ai meccanismi competitivi individuati e circoscrivere le esclusioni di applicazione della direttiva, recepita dal codice dei contratti pubblici, a fattispecie specifiche, motivate e ben definite».
In questa logica, la soglia minima di fatturato è presidiata da una serie di avvertenze che la rendono perentoria e inderogabile.
Da un lato, la produzione eccedente il suddetto limite «è consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società (articolo 16, comma 3-bis), mentre d'altro lato il mancato rispetto del limite in questione «costituisce grave irregolarità ai sensi dell'articolo 2409 del codice civile» (articolo 16, comma 4).
Il richiamo alla norma del codice civile è indice di rigore, perché la violazione diventa così passibile di denuncia al tribunale, come accade allorquando vi sia il fondato sospetto di gravi irregolarità gestorie tali da produrre una lesione patrimoniale per la società.
La Corte dei conti fa leva su questa interpretazione restrittiva per escludere che una lettura coordinata dell'articolo 4, comma 4, autorizzi una deroga al limite quantitativo sancito dall'articolo 16 del Dlgs 175/2016, che permane come vincolo da rispettare sempre nella gestione operativa delle società in house.

La delibera della Corte dei conti Lombardia n. 89/2019

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