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Il rappresentante della società interdetta a contrarre con la Pa non può nominare il difensore di fiducia

di Paolo Canaparo

Sulla legittimità della nomina del difensore di fiducia di una società da parte del legale rappresentante che si trova in carcere in quanto indagato per reati presupposti all'applicazione della misura interdittiva a contrarre con la Pa emessa a carico della stessa società (e da questa impugnata), si è espressa la Corte di cassazione nella sentenza n. 15329/2019 depositata ieri.
In particolare, la vicenda giudiziaria ha riguardato una società in nome collettivo che ha censurato la decisione del giudice del riesame di conferma della misura interdittiva del divieto di contrarre con la Pubblica amministrazione, nella parte in cui ha ritenuto legittima la nomina del difensore di fiducia, da ritenere – contrariamente - come inesistente, in quanto effettuata da un soggetto non legittimato perché privo della rappresentanza legale della società in base all'articolo 39, comma 1, del Dlgs 8 giugno 2001 n. 231.
In tal senso, il Tribunale del riesame non ha adeguatamente valutato l'oggetto della censura in quella sede formulata, che non intendeva contestare la legittimità della notifica degli atti in favore del rappresentante legale, certamente valida in base all'articolo 43, comma 2, del decreto legislativo, quanto, piuttosto, la nomina del difensore che tale rappresentante legale ha effettuato, pur non idoneo ex lege, con conseguente impossibilità da parte della società interessata di poter legittimamente svolgere quanto necessario a propria difesa durante l'udienza camerale.

Il difetto di legittimazione
È principio ormai consolidato, in tema di responsabilità da reato degli enti, che il rappresentante legale incompatibile, in quanto indagato, non possa provvedere alla nomina del difensore di fiducia nell'interesse dell'ente, ostandovi il generale e assoluto divieto di rappresentanza posto dall'articolo 39 del Dlgs n. 231/2001 (Cassazione, sezione VI, n. 41398 /2009). In tal senso depone anche la giurisprudenza della Corte di cassazione a Sezioni unite che, proprio in ragione della giuridica inesistenza di un atto di nomina proveniente dal soggetto incompatibile, ha dichiarato l'inammissibilità, per difetto di legittimazione rilevabile di ufficio in base all'articolo 591, comma 1, lettera a), codice di procedura penale, della richiesta di riesame di decreto di sequestro preventivo, presentata dal difensore dell'ente nominata dal rappresentante imputato o indagato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo (Sezioni unite, sentenza n. 33041/2015).

L'obbligo del pubblico ministero
Durante le indagini preliminari, infatti, s'impone l'applicazione dell'articolo 369-bis codice procedura penale, norma compatibile con il Dlgs n. 231/2001, per cui il pubblico ministero, sin dal prima atto a cui il difensore ha diritto di assistere, deve provvedere alla nomina del difensore d'ufficio, il quale può esercitare tutte le prerogative difensive a favore dell'ente, a eccezione di quelle rientranti nella categoria degli «atti personalissimi».
Analogamente avviene in ipotesi di applicazione di una misura cautelare prevista dagli articoli 45 e seguenti del Dlgs n. 231/2001., nel corso delle indagini preliminari nei confronti dell'ente, tenuto conto che l'articolo 47, comma 2, dello stesso decreto legislativo impone, qualora la richiesta non sia stata presentata in udienza, il previo avviso della fissazione della «camerale» al Pm, all'ente e al difensore, così rendendosi necessaria la nomina di un difensore d'ufficio, la comunicazione dell'udienza ed il previo deposito degli atti rispetto all'udienza camerale fissata per deliberare in ordine alia richiesta formulata dal Pm.
La disciplina in materia cautelare nei confronti degli enti prevede, infatti, che «l'ente ed il suo difensore siano altresì avvisati che, presso la cancelleria del giudice, possono esaminare la richiesta» del «pubblico ministero e gli atti sui quali si fonda», prevedendo specificatamente una ipotesi di contraddittorio «cartolare» anticipato rispetto alla - eventuale - futura emissione dell'ordinanza interdittiva. Evenienza che, a fronte di una nomina del difensore di fiducia da ritenersi inesistente, comporta la nullità di tutti gli atti successivi con conseguente violazione del diritto di difesa e – nel caso di specie – l'annullamento dell'ordinanza del tribunale e la revoca della misura interdittiva.

La sentenza della Corte di Cassazione n. 15329/2019

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