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Cimiteri islamici, per le concessioni niente esclusiva alle associazioni

Problemi di convivenza anche nei luoghi di culto e, in particolare, nei cimiteri. Se ne occupa il Tar Brescia (sentenza n. 383/2019), regolando la gestione di un’area riservata a fedeli musulmani che chiedono il rispetto delle loro tradizioni religiose. E fissando il principio che è possibile utilizzare la collaborazione dei privati per la corretta gestione delle aree in concessione, ma non affidare un ruolo troppo rilevante ad una singola associazione.

L’orientamento verso la Mecca, la vestizione, il coinvolgimento di religiosi islamici pongono una serie di problemi ai Comuni. Il Comune di Bergamo aveva, in questo caso, risolto parte dei problemi assegnando alla Comunità islamica un’area in diritto di superficie, attrezzata e gestita dal Centro culturale islamico. In questo modo, l’orientamento e le altre forme della liturgia coranica potevano essere rispettate accogliendo chi lo richiedesse, con una professione di fede attestata dall’associazione religiosa.

Il Comune aveva solo chiesto che non si facesse distinzione di sesso, censo, etnia o tradizione, nella verifica da parte dell’associazione, garantendo il diritto di libertà di espressione del rito religioso. In altri termini, l’associazione culturale avrebbe dovuto verificare l’effettiva professione di fede islamica, garantendo la possibilità a qualsiasi musulmano, qualunque fosse la sua tradizione, di ottenere un’adeguata accoglienza. Questo equilibrio è stato tuttavia contestato da altre associazioni islamiche, ritenendo che non si potesse affidare ad una specifica associazione l’attestazione di appartenenza alla specifica fede.

Di qui la controversia, che è stata risolta dai giudici amministrativi prendendo atto che l’obiettivo da raggiungere era quello di migliorare il servizio ed evitare usi scorretti, sicché quando ciò ha coinvolto più associazioni, tutte rappresentative, è sembrato discriminatorio riservare in esclusiva l’organizzazione del servizio ad un’unica associazione privata. Occorre, infatti, coniugare i principi di libertà religiosa con le necessità organizzative, stabilendo ad esempio adeguati strumenti di controllo. Ciò tanto più che il settore islamico, nel locale cimitero, era stato costruito con oneri a carico di una specifica organizzazione.

Il Tar ha quindi escluso che, in aggiunta alla richiesta dei familiari o alle disposizioni del defunto, sia possibile richiedere un attestato di fede, rilasciato da una specifica associazione privata circa la pratica del credo religioso. Prevale, quindi, il diritto alla libertà di espressione religiosa: chiunque può accedere al rito funebre islamico senza passare per una specifica verifica affidata ad un’associazione privata. Quindi, i Comuni possono utilizzare la collaborazione dei privati per la corretta gestione delle aree in concessione, ma non possono affidare un ruolo troppo rilevante ad una singola associazione.

La sentenza del Tar Brescia n. 383/2019

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